Sono trascorsi 10 giorni dall’arresto ai domiciliari del sindaco Angelo Balsamo e la città è ancora stordita, sospesa, come in attesa dello sviluppo degli eventi.
L’opposizione ha chiesto e chiede che il sindaco responsabilmente faccia un passo indietro e la giunta si è trincerata dietro un religioso silenzio interrotto solamente da una breve dichiarazione con la quale il vice sindaco Angelo Cambiano manifesta l’intenzione della giunta di continuare a garantire impegno nella gestione amministrativa del Comune. Tutto intorno, sui social network, sui giornali online e lungo le strade un dibattito a tratti surreale sui fatti che hanno determinato l’applicazione della misura cautelare e le modalità di esecuzione usate; sull’opportunità e perfino la legittimità delle dichiarazioni dei magistrati in conferenza stampa.
Ci saremmo aspettati da parte dell’intellighenzia licatese una riflessione profonda sulla città, sul suo presente e sul futuro, sulla percezione di legalità che i nostri concittadini hanno, sul significato politico e sociologico che può avere tributare, per la prima volta, l’elezione a primo turno ad un candidato che si sapeva avere un’indagine penale in corso. Invece c’è stato chi ha invocato la violazione di principi costituzionali per le dure esternazioni dei magistrati che, effettivamente, hanno il dovere di provare in giudizio le tesi accusatorie e chi ha riproposto il tema dell’amministrare giustizia secondo il principio “la legge è uguale per tutti” oppure secondo il pericoloso principio ch’è il popolo sovrano che tributando consenso al Presidente del Consiglio dei Ministri, come al Sindaco, lo rende di fatto impunibile.
Si tratta di una questione che avremmo voluto lasciarci alle spalle e che non è mai entrata, con qualche legittimità, nel dibattito giuridico scientifico del mondo occidentale. Si tratta di una panzana ripetuta all’infinito ch’è la causa di parecchi dei nostri mali. Vorremmo ricordare, molto modestamente, che la sovranità popolare risiede nel potere legislativo cioè nello stabilire le regole del vivere civile collettivo. Le sentenze vengono emanate in nome del popolo proprio in esecuzione di detto potere che, altrimenti, non si comprende con quale legittimazione potrebbe limitare la libertà individuale. Consentire deroghe all’osservanza della legge in funzione del consenso romperebbe questo equilibrio tra legge e patto sociale e ci porterebbe fuori da sistemi democratici. Inoltre, è proprio questa pretesa di “impunità” per chi ha il consenso, per i potenti, che ha determinato uno scadimento etico della politica ed aumentato il grado e la pervasività della corruttela a tutti i livelli dell’amministrazione pubblica e privata, determinando una consistente ondata di “antipolitica” che rischia di spazzare via tutto e tutti.
Siamo convinti che l’antipolitica si combatta solo con la buona politica e con un maggiore rigore etico e morale di cui i partiti per primi devono farsi carico rinunciando a candidare chi ha pendenze giudiziarie per restituire credibilità a chi rappresenta le istituzioni. Le pendenze giudiziarie non incidono solo sul piano morale ma rischiano per la città di essere un cattivo investimento quando finiscono per bloccare la vita politica e amministrativa di un comune “decapitato” del suo sindaco, sia pure temporaneamente.
Noi licatesi dovremmo essere sensibili più di altri a queste tematiche perché abbiamo già sperimentato la difficoltà di essere amministrati da chi aveva pendenze giudiziarie. Il sindaco Angelo Graci è stato assolto in primo grado dalle accuse che gli venivano mosse ma è sotto gli occhi di tutti che la città ha pagato un prezzo altissimo per le sue vicende giudiziarie. Angelo Balsamo, come tutti i cittadini italiani, è innocente fino a terzo grado di giudizio, nel caso specifico poi non sappiamo neppure se un giudizio ci sarà mai, dato che il procedimento giudiziario è ancora nella fase dell’indagine preliminare. Ci auguriamo che l’uomo Angelo Balsamo possa chiarire la sua posizione e ritornare lindo alla sua attività politica e professionale, ma per il Sindaco Angelo Balsamo e la città si pone un problema di agibilità politica, di rappresentatività dell’intera comunità e di funzionalità della macchina amministrativa senza una guida certa e legittimata. Le parole dei magistrati ci devono fare riflettere perché sembrerebbe che per la nostra comunità non ha alcuna importanza la correttezza dei comportamenti. Ed effettivamente l’assenza di un’analisi sociale colpisce. Nelle piazze si dice, più o meno apertamente “tantu tutti gli avvocati u fannu”; se ava paiari paia abbasta che ritorna ca stava facenno ocche cosa pu paisi”.
Gli intellettuali si accapigliano su questioni giuridiche tralasciando di stigmatizzare i presunti comportamenti spregiudicati, sul presupposto che diventa importante raggiungere gli obbiettivi a qualunque prezzo. A questo proposito, per esempio, vorremmo dire che è il ruolo istituzionale dell’opposizione controllare l’attività della giunta, fargli i conti in tasca. Chiedere chiarezza e trasparenza non è demagogia, neanche di fronte ad una manifestazione riuscita, ma è esercizio della democrazia. Sono importantissimi i risultati ma per gli uomini di legge e delle istituzioni è parimenti importante anche come si giunge a quei risultati.
Il Partito democratico ha chiesto uno scatto di dignità e di orgoglio alla classe dirigente di questa città e tra questi sicuramente ci sono tutti gli avvocati ed i professionisti onesti che non hanno neppure mai pensato di far dire ad un testimone ciò che non ha visto e che magari per questo hanno perso qualche causa; la illiceità dei comportamenti la valuta la magistratura, ma la cultura collettiva è compito della politica e della società civile indirizzarla.
Da questa vicenda quelli colpiti sono proprio gli avvocati onesti, i dipendenti che non si genuflettono ai potenti, agli uomini delle forze dell’ordine che fanno con serietà il loro lavoro e non si mettono a servizio dell’amico magari per averne un ritorno. Sono colpiti tutti coloro che non si piegano all’arroganza e alla prepotenza ma che con dignità e correttezza fanno il loro lavoro a rischio di perdere qualche occasione di guadagno. Licata non può essere un porto delle nebbie il posto dell’illegalità diffusa e su questo piano le parole dei magistrati vanno smentite con i comportamenti personali ma anche e soprattutto con una presa di coscienza collettiva, con l’abbandono della logica delle convenienze, con una coalizione fra le forze sane della città e con i gesti politici.
Noi chiediamo le dimissioni di Angelo Balsamo da sindaco non solo per un gesto di amore nei confronti della città, che rischia di rimanere senza guida o con una guida delegittimata, gli chiediamo di compiere un gesto rivoluzionario rispetto alla cultura del più “spertu”. Gli chiediamo da uomo di legge di combattere quella cultura. Le dimissioni sarebbero il gesto che gli consentirebbe di difendersi dalle accuse liberamente e che, contemporaneamente, consentirebbe alla città di riscattare la sua immagine e ai cittadini di comprendere che le Istituzioni sono più importanti dei destini personali di ognuno di noi. Solo allora si potrà scrivere Noi amiamo Licata.
Massimo Ingiaimo – Segretario cittadino Partito Democratico