Pubblicità

NEWS_98391L’anno scorso una video intervista. Ora un film documentario sulla sua vita di grande calciatore mancato e di uomo marchiato dalla droga. Per sempre. Aveva provato a trovarsi un lavoro nella scuola calcio del cugino Totò, quello delle notti magiche di Italia 90, il cugino che ha saputo gestirsi meglio come calciatore e che meglio ha saputo gestire la sua vita anche fuori dal campo di gioco. Ma chi avrebbe affidato il proprio figlio a un ex tossicodipendente? E allora ha dovuto subito lasciarlo quel lavoro.

Quanto a classe – si può dirlo senza tema di smentita – Maurizio ne aveva molta di più di Totò. Ma la droga e un infortunio mal curato lo misero fuori gioco quando poteva dare tanto e pareva avere una carriera di grande calciatore davanti.

Talento puro Maurizio Schillaci, gioiello del Licata di Zeman. Volava sulla fascia, saltava gli avversari come birilli e faceva gol a raffica. Era il reuccio del Dino Liotta questo giovane palermitano dalla classe cristallina. Non sola la città del pallone viveva in quegli anni la sua stagione d’oro, la più importante della sua storia: quella della promozione in C1 e poi in serie B, alla soglia del Gotha del calcio nazionale. Zeman, il boemo venuto da Palermo, mise su una macchina perfetta – gioco a zona, tattica del fuorigioco, sovrapposizioni continue sulle fasce laterali, pressing e grande corsa – e Maurizio Schillaci ne era il suo profeta. Momento fantastico per chi ne conserva la memoria. Momento fantastico per tutta Licata, finita con pieno merito nelle cronache nazionali.

Poi, per Maurizio  Schillaci, il passaggio alla Lazio, da grande salto di categoria, si trasforma nell’inizio della caduta che lo porta a una vita senza alloggio a Palermo e a dormire sui treni fermi alla stazione. Con la droga ha chiuso, ma troppo tardi. E quando tutto era ormai perduto. Un film, Fuorigioco, diretto da Davide Vigore e Domenico Rizzo racconta la sua vita e la sua sfortunata carriera, chiusa per “una lesione al legamento – dice lui – scambiata per stiramento”. Oggi ha un solo desiderio, dopo i sogni perduti: trovare un lavoro e portare a cena le sue figlie cui non ha mai smesso di voler bene.

(g.c.)