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SAltra perdita di tempo. Per degli errori marchiani. Il governo nazionale impugna la legge 19 votata lo scorso agosto dall’Ars per il ritorno all’acqua pubblica come richiesto dalla stragrande maggioranza dei cittadini con il relativo referendum. Insomma, il governo Crocetta e la sua maggioranza ne combinano un’altra e dimostrano di essere in ritardo rispetto alla società civile siciliana e agli stessi consigli comunali che si sono pronunciati sull’uscita dall’attuale gestione privata. Il consiglio comunale di Licata l’ha fatto ieri sera votandola all’unanimità e decidendo di effettuare una verifica sulla situazione finanziaria del consorzio Tre Sorgenti cui la nuova gestione pubblica dell’acqua dovrebbe essere prontamente affidata.

Ma a complicare l’iter del passaggio dal privato al pubblico ci ha pensato la Regione siciliana con una legge ancora una volta abborracciata che, com’era prevedibile e come il sottosegretario Faraone aveva a suo tempo pubblicamente annunciato, non ha superato le forche caudine del Consiglio dei ministri. Anche a noi sembrava assurdo il mantenimento di nove ambiti ottimali, uno per provincia, quando in Sicilia ne bastano cinque (quanti sono i bacini idrici).

La legge 19 poi, secondo il Consiglio dei ministri, contiene molte norme che non tutelano la concorrenza e l’ambiente ed eccedono “dai limiti posti alle competenze regionali”. A Palazzo d’Orleans si sono detti pronti a rivedere il tutto e a correggere gli errori convocando immediatamente la commissione parlamentare, l’assessore al ramo e l’ufficio legislativo, ma ormai la frittata è fatta. E purtroppo non è la prima. Anche le leggi sugli appalti e sulle province sono state impugnate.

Le leggi non si fanno e non si votano sull’onda emotiva. Vanno pensate. Perché in gioco ci sono sempre gli interessi dei cittadini. E questa del ritorno all’acqua pubblica, gestita in house dai comuni o attraverso i consorzi, non è affatto una questione semplice. Vogliamo ricordare che c’è anche un aspetto finora trascurato. Capire che fine faranno i lavoratori delle attuali gestioni private.

(g.c.)