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di Gaetano Cellura  Vogliono farci credere che il problema sia la siccità. Questa versione è la più comoda ed autoassolutoria per la classe politica in generale e per quelle di governo in particolare. Ma la verità è un’altra sugli invasi a secco e sul razionamento idrico che interesserà un bacino di 850 comuni distribuiti tra le province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Palermo e Trapani. E risiede nell’acqua che si perde per strada, nella fatiscenza delle condotte, nella ridottissima manutenzione cui vengono sottoposte da quando, con la privatizzazione, l’acqua – un nostro diritto – è diventata profitto e business.

La siccità c’entra in Sicilia. Non diciamo di no. Ma per quanto sia parte importante del problema non ne è il solo. E con una buona organizzazione, con progetti lungimiranti i suoi effetti avrebbero potuto essere contenuti. Sia per i cittadini, per l’uso civile; sia per gli agricoltori, che dell’acqua non possono fare a meno per il loro lavoro. Ma dov’è la classe politica siciliana? Quali politiche di governo sono state seguite da almeno venticinque anni a oggi se non quelle di dismettere il sistema pubblico – dall’acqua, ai rifiuti, all’energia – a favore dei privati?

La manifestazione per un dissalatore a Licata (o quantomeno per rimettere in funzione quelli di Gela e di Porto Empedocle) me la sarei aspettata, domenica scorsa, più ricca di partecipanti, vista l’enormità del problema e anche della richiesta avanzata – un dissalatore appunto – per far fronte alla carenza d’acqua nelle campagne (è a rischio la nostra agricoltura pregiata: pescheti, agrumeti, oliveti). Ma liquido è il nostro tempo. Liquida la società globale e nichilista in cui viviamo. Ognuno guarda al proprio “particulare” per citare Guicciardini; e l’interesse generale – che una volta faceva sistema – ormai è ridotto a rivendicazione di comparto: il comparto agricolo, quello della pesca, l’artigianato, l’edilizia, eccetera. Rivendicazione di comparto per non dire corporativa, se guardiamo a quale destra governa il paese.

Un dissalatore nuovo, creato possibilmente a Licata, mi dicono abbia un costo di 15 milioni di euro, pressappoco. Forse bisognerebbe prima vedere dove stanno gli sprechi. La situazione delle dighe (26 su 46 sono in mano ai privati e alcune pure coperte dal fango), dei bacini, dei fiumi, dei canaloni, dei sistemi di pompaggio per l’uso irriguo delle acque. E delle condotte per il loro uso civile. Secondo Lega Ambiente il 70-75 per cento di acqua potabilizzata si perde per strada. Arrivano notizie, leggendo i quotidiani regionali, di sorgenti copiose (nel territorio agrigentino) le cui acque finiscono inutilmente in mare quando potrebbero servire agli agricoltori. Insomma, la siccità influisce senza dubbio. Ma la mano dell’uomo e certe politiche scellerate fanno più danno.