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CONFERENZA BiondiProponiamo un intervento dell’ex sindaco Angelo Biondi su Punto nascite e gestione dei rifiuti.

Sono due gli argomenti che attualmente tengono banco nel sempre conflittuale e scarno dibattito politico locale: la vicenda inerente il mantenimento del Punto Nascite, e la scelta di gestire “In House” i servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani. In merito al primo argomento, al netto di tutto – annunci trionfalistici, attribuzioni di meriti, critiche lapidarie, polemiche e accuse più o meno esasperate – resta il fatto di aver ottenuto la tanto invocata deroga da parte del Ministero della Salute. Una proroga condizionata e un reparto momentaneamente chiuso, certo; ma non la temuta chiusura definitiva che avrebbe mortificato un’intera città. Ora bisogna stare vigili e non mollare la presa. Tutti, in primis l’Amministrazione comunale, seguito dalle rappresentanze politiche, sindacali ed associative cittadine. Non si può rischiare di superare i 90 giorni concessi per ottemperate alle prescrizioni dettate dal Ministero della Salute. Governo Regionale e vertici Sanitari Aziendali devono dare seguito agli impegni assunti, e ampiamente annunciati in varie dichiarazioni. Nello stesso tempo ci permettiamo di suggerire al nostro Primo Cittadino di farsi promotore di una serie di incontri per capire ed eventualmente rimuovere gli ostacoli (ove ce ne fossero), che non consentono al reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale “San Giacomo d’Altopasso”, il superamento dei fatidici 500 parti, in modo tale da non mettere più in discussione la sopravvivenza del Punto Nascite di Licata. I numeri ci dicono che nel potenziale bacino d’utenza formato dai comuni di: Licata, Palma, Ravanusa, Campobello e Riesi, nel 2014 sono nati 786 bambini, di questi solo 422 hanno visto la luce nel presidio di Licata. I genitori degli altri 364 neonati hanno scelto altri nosocomi, fra cui un 15% di cittadini licatesi; mentre solo il 38,9% delle partorienti di Palma Montechiaro, il 28,7% di Riesi, il 15,21% di Ravanusa, e appena il 9,4% di Campobello di Licata, hanno scelto il “San Giacomo d’Altopasso”. Grazie a Dio, nel nostro comprensorio i bambini continuano a nascere, troviamo il modo, dunque, di stimolare ginecologi e partorienti a scegliere l’ospedale di Licata.
Sul secondo argomento: la scelta politica di adottare il modello “In House” – costituire una propria società a cui affidare il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani del nostro Comune – ci permettiamo di manifestare un motivato scetticismo sull’intera operazione. Non ci convince la motivazione economica della scelta, temiamo che le previsioni di spesa ipotizzate dal piano d’intervento su cui si basa detta proposta, siano scarsamente attendibili. Ci spaventa l’idea della creazione di una nuova società a totale capitale pubblico (anche se, in questo caso, l’unico socio sarebbe il Comune di Licata), alla quale affidare per 20 anni un servizio tanto delicato e strategico per il decoro della città. Non vorremmo che si replicassero disfunzioni, inefficienze, carenze, vizi e difetti del carrozzone Dedalo. Forse si dimentica che anche la gestione Dedalo era “In House”, con la sola differenza che oltre al comune di Licata, erano soci altri 6 Comuni. Temiamo, memori dell’esperienza vissuta, un lievitare di costi con relativo aggravio della tassa a carico di cittadini ed imprese, a fronte di un servizio che continuerà ad essere poco soddisfacente; e verso il quale, il Comune non potrà far valere nessuna legittima contestazione, applicando in danno eventuali penali pecuniarie, trattandosi di una società di cui si è praticamente unici proprietari.
La nostra posizione era e rimane per l’esternalizzazione del servizio con asta pubblica e un capitolato d’appalto preciso e rigoroso, che stabilisca la qualità del servizio da erogare, oltre alle percentuali crescenti di raccolta differenziata da raggiungere per ogni esercizio. Un capitolato che preveda delle precise penali pecuniarie da pagare per ogni contestazione di disservizio, e la possibilità, in caso di disservizi continuati, della rescissione in danno dell’appalto con il conseguente incasso della cauzione preventivamente versata dalla ditta aggiudicataria. Avremmo sicuramente raggiunto almeno due rilevanti obbiettivi: la certezza del costo annuo del servizio su cui calcolare la tassa (con la società “In House” avremo solo un costo di previsione, che nell’esperienza passata non ha mai corrisposto con quello consuntivo, solitamente molto più salato); la pretesa di ricevere servizi ambientali all’altezza del costo sostenuto, grazie al deterrente delle penali e dell’eventuale rescissione in danno del contratto.
Ma a quanto pare la scelta sembra ormai cosa fatta, i nostri attuali amministratori hanno deciso di scommettere sulla gestione “In House”, costituendo una nuova società, nominando un nuovo consiglio di amministrazione e relativo direttore generale che dovrebbero eliminare carenze e difetti della precedente gestione “In House” targata Dedalo, ed esaltare le peculiarità della cosiddetta “gestione diretta”. Noi restiamo scettici, augurandoci di sbagliare le nostre negative previsioni; ma nello stesso tempo ci chiediamo: come mai tutti gli altri comuni ex soci della Dedalo hanno scelto la gestione esternalizzata del servizio? Ai posteri l’ardua sentenza.

Angelo Biondi