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SorceRiceviamo e pubblichiamo una nota a firma di Armando Sorce, consigliere comunale di Ora Licata Lab.

Siamo alla fine di un anno che qualcuno lo ha giustamente definito “horribilis”, ad essere sinceri è da qualche tempo che questo aggettivo lo si utilizza per definire bilanci annuali che, senza mezze misure, si possono considerare drammatici per l’economia della nostra terra. Una crisi economica e sociale che qualcuno ama considerarla venuta da lontano. In parte ritengo sia vero, la crisi del capitalismo mondiale e di un liberismo senza regole ha, di fatto, provocato un impoverimento esponenziale delle famiglie e di quelle classi di cittadini che fino a qualche anno fa rappresentavano la spina dorsale del nostro impianto economico. Un’Europa sempre più orientata alla gestione del potere decisionale da parte degli stati economicamente più forti e da un sistema bancario sempre più consolidato nel governo delle risorse comunitarie. Proprio quelle risorse che in una visione europeista dovrebbero essere gestite dalla politica e non da lobbyes economiche e finanziarie. Un governo nazionale che di fronte ai gravi problemi che affliggono il nostro paese si avvita in riforme che non spostano di un centimetro l’asticella del benessere nazionale. Se il “Jobs act” o la stucchevole querelle sul superamento dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori rappresentano veramente lo strumento per avviare e risolvere i problemi occupazionali del nostro paese, siamo veramente fuori dal mondo. Di riforme del mercato del lavoro, con la presunzione di regolamentere il processo di incontro tra domanda ed offerta di lavoro, nel nostro paese, ne abbiamo avute diverse, a partire dalla riforma “Treu”, a quella “Biagi”, alla “Fornero” ed ora al processo di delega del Parlamento al Governo, di cui sono definiti i contorni ma non i contenuti. Riforme sempre improntate ad attivare un sistema di struttura del mercato del lavoro mutuate dal sistema anglosassone ed applicabili idealmente ad un mercato dove la divaricazione tra domanda ed offerta di lavoro deve essere il piu’ possibile bilanciata (è il cittadino che sceglie il proprio lavoro ed ha, nell’arco della propria carriera, la possibilità di indirizzare la scelta di fronte ad un ventaglio di proposte che provengono dal mercato). In realtà sono riforme calate in un sistema, il nostro, che, nella sua incertezza, alimenta fasce sempre piu’ ampie e deboli di lavoro precario. Questo perchè in Italia abbiamo un tasso di disoccupazione che nel 2014 si aggira attorno al 13%; in Sicilia poi, ancora peggio, il dato si attesta attorno al 34,8% se poi lo disaggreghiamo, rivolgendoci ai giovani di età compresa tra i 15 ed i 24 anni, allora la percentuale sale fino a raggiungere il 60%.
Ad aggravare ancora il “bilancio” ci si mette anche il governo siciliano, il quale non solo non è in grado di arginare questo fenomeno recessivo, ma ci mette anche del suo.
Il progetto “Youth Guarantee” , che ha trasferito alla Regione Sicilia risorse per 187 milioni di Euro dall’U.E., finalizzato a realizzare politiche attive del lavoro ( tirocini, stages, apprendistato, formazione, autoimprenditorialità) per giovani di età compreso tra i 15 ed i 29 anni, rischia di fallire perchè il governo della regione da maggio 2014 ad oggi non è stato in grado di attivare le misure specialistiche di orientamento previste dallo stesso progetto, mettendo peraltro in “salamoia” circa 1800 operatori delle politiche attive del lavoro, in atto sospesi, senza neanche poter godere dei benefici della CIG in deroga perchè bloccata dal governo nazionale.
E che dire del famoso “Click Day” che avrebbe dovuto far partire un’altra importante misura di politica attiva del lavoro, il “Piano Giovani”, rivolta sempre a giovani disoccupati di età compresa tra i 25 ed i 35 anni e che di fatto ha generato il defaul dei sistema all’atto della adesione da parte degli stessi giovani alla piattaforma informatica. Potremmo parlare della riforma delle Province. Anche lì c’è da stendere un velo pietoso. Il governo regionale è stato in Italia il primo ad abolirle, ma non è stato in grado di riformarle concretamente, di fatto commissariandole sine die, mettendo oggi in apprensione i lavoratori del settore circa la certezza del loro futuro occupazionale. In compenso si parla invece di trivellare il nostro mare, alla scoperta dell”‘oro nero”, la nuova frontiera della ricchezza e dello sviluppo economico della nostra terra. Peccato che il costo sociale ed economico di questa nuova ricchezza lo pagherebbe solo il nostro territorio con la dismissioni delle nostra flotta peschereccia e di tutte le economie collegate, la chiusura di quelle attività che hanno scommesso sul turismo e su quanti hanno puntato su uno sviluppo eco- sostenibilie del territorio.
Non si parla invece di come rilanciare settori vitali della nostra economia come l’agricoltura; come dotarla di infrastrutture essenziali come quelle idriche, viarie ; come fornirla di know how che le permettano di ” stare nei mercati”, di come valorizzarne i prodotti tipici, di come combattere l’agropirateria e la contraffazione, di come abbattere i costi dei fattori produttivi. Di contro, invece, si introduce l’IMU sui terreni agricoli esentando, guarda caso, solo quelli situati nelle zone montane (oltre i 600 metri di altitudine). Senza alcuna concertazione con le organizzazioni di categoria. Tanto l’interlocuzione con i sindacati, per qualcuno, è problema secondario. Non si riesce ancora a togliere quel fastidioso avviso preordinato alla dichiarazione di pubblica utilità di quei 220 ettari di terreni siti nella piana di Licata, terreni che rappresentano le produzioni orticole ed il bacino imbrifero piu’ ricchi e significativi del nostro territorio sui quali, si voleva progettare la realizzazione di una infrastruttura aeroportuale che in realtà non esiste piu’ neanche sulla carta. Il primato della politica ed il ruolo dei partiti politici da qualche tempo sembra non assolvere più al ruolo di rappresentanza che dovrebbe avere. I partiti politici sono sempre piu’ lontani dai bisogni dei cittadini e piu’ occupati a definire rapporti di forza interni per esprimere questo o quel candidato o per rafforzare questa o quella “anima” (una volta “corrente”) politica. E’ arrivato il momento in cui bisogna veramente pensare ad una idea di cittadinanza partecipata che faccia uscire la nostra città dalle sacche emergenziali e la proietti in una condizione di normalità; che siano veramenti i cittadini ad assere artefici del loro destino, attraverso un progetto di civicità condiviso, inclusivo delle forze sane che vogliono lavorare per un cambiamento vero e non legato alla estemporaneità dei momenti e dei movimenti elettorali.

Armando Sorce – Consigliere Ora Licata Lab