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Voleva una “Sicilia dalle carte in regola”. E fu forse questo – anche la novità del linguaggio, soprattutto la volontà manifesta di cambiare il corso delle cose – che fece di Piersanti Mattarella un bersaglio della mafia. Il Bersaglio.

Salvatore Butera ha oggi ottantadue anni. E ne aveva quarantadue quel 6 gennaio del 1980: quando un sicario con gli occhi di ghiaccio e dall’andatura ballonzolante, come viene descritto, uccise (a Palermo, in viale della Libertà) il Presidente della regione di cui era stretto collaboratore. Collaboratore economico. Quarant’anni dopo, Butera ne conserva ancora gli appunti.

Mattarella scriveva molto. Scriveva ovunque. Gli veniva un’idea, e la metteva su carta. Come traccia su cui tornare. Come traccia da sviluppare. Idee sull’abusivismo, piaga dell’Isola. Sugli enti economici da riformare. Prendeva appunti sul bilancio poliennale, sulla sanità, su come migliorare il sistema amministrativo regionale. Riteneva tutte queste cose delle priorità assolute. Le parole che ricorrono più spesso sono: riforme, progetto, Europa, analisi socio economica come risposta alla violenza mafiosa, finanziamenti alle categorie produttive, case, fognature, ospedali e scuole.

“Potremmo definirlo un manager della politica”– dice Salvatore Butera al giornalista Salvo Palazzolo che l’ha intervistato per Repubblica. Un moderno manager con un grande progetto riformista e con il chiodo fisso dei centri di ricerca per lo sviluppo.

Per lui – dice ancora Butera – la Sicilia non doveva rimanere “chiusa nelle prerogative autonomistiche ma inserita nella parte più moderna dello Stato”. Un occhio al futuro senza dimenticare il presente: la mafia e il denaro pubblico divorato dai politici collusi.

Era questa la Sicilia “dalle carte in regole”. Che comprendeva anche nuove alleanze politiche: Mattarella aveva un disegno moroteo. Quando venne ucciso, a soli quarantaquattro anni, era già padrone della vecchia sapienza democristiana. Moro aveva aperto al sostegno esterno del Pci al governo nazionale; lui a quello del Pci siciliano al centrosinistra che, con la sua guida, governava la regione. La Sicilia “dalle carte in regola” contro chi le carte in regole non le voleva proprio in quegli anni bui.

L’Epifania del 1980 cadde di lunedì, come quest’anno. Il Presidente della regione rientrava a casa dalla Messa nella tarda mattinata. Qualcuno l’aspettava dentro una 127. Scese dalla macchina e gli sparò sei colpi di P38 prima di far perdere le proprie tracce. Aveva gli occhi di ghiaccio e l’andatura ballonzolante.

Il resto è noto: la mafia, le trame nere, la mafia in combutta con le trame nere, il processo al presunto sicario, la sua assoluzione. Il resto è noto. Ma ignoto rimane, quarant’anni dopo, il vero colpevole.

Gaetano Cellura