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133655298-d83fe3f5-3099-4ed6-a5f1-8703fed21dabLa notizia dell’uccisione dell’attentatore di Berlino ha fatto passare sotto silenzio quella dell’ennesimo naufragio di profughi nel Canale di Sicilia: 103 i sopravvissuti salvati dalla Guardia costiera, ma si temono più di cento morti di cui solo otto finora i corpi recuperati. Tutti piangiamo le vittime di Berlino: ci domandiamo come abbia fatto l’attentatore tunisino a viaggiare indisturbato per l’Europa: lodiamo l’efficienza della polizia italiana per essere riuscita a eliminarlo a Sesto San Giovanni, ma non prestiamo più attenzione ai morti che il Mediterraneo divora suo malgrado.

Abbiamo saputo solo dall’Unhcr del naufragio di Natale che fa salire a più di cinquemila nel 2016 i morti e i dispersi nel mare africano, come lo chiamava Pirandello.

La paura degli attentati proditori e della ferocia che li muove è così forte da renderci insensibili all’altra faccia di un problema globale: quella dei flussi migratori su gommoni stracarichi e destinati al naufragio sicuro sin dalla partenza.

Sono del tutto comprensibili il nostro sollievo per un attentatore in meno che si aggira per l’Europa, pronto a colpire altre vittime innocenti, come la soddisfazione per quanto è riuscita a fare la polizia italiana per la sicurezza dell’intero continente. Ma non è giustificabile l’indifferenza che un po’ tutti ormai mostriamo verso le vittime delle traversate della disperazione. Siamo arrivati al punto che persino la stampa li trascura.  Anche questi che ci arrivano dall’Africa sono esseri umani. E ormai troppi – è vero – per poterli accogliere. Soprattutto se l’Italia, primo paese in cui sbarcano, viene lasciata sola da un’Unione europea generalmente restia a farsene carico.

Ma non possiamo considerarli solo morti di serie B perché nessuno li ha uccisi. Perché se li è presi il mare che per bisogno e fame hanno sfidato. E perché nessuno gli ha chiesto di venire. Nel mondo d’oggi, così diviso e socialmente disuguale, d’immense povertà e di ricchezze smisurate nelle mani di pochi, si può essere uccisi (a Natale come in qualsiasi altro giorno dell’anno) dall’odio di folli criminali indottrinati alla guerra contro l’occidente cristiano, ma anche dalla nostra insensibilità sempre più diffusa verso chi ha pur diritto alla speranza d’una vita migliore.

Gaetano Cellura