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Putin ha settant’anni. Età giovane per un politico. Ha sempre fatto politica – solo politica – nella vita. Dall’intelligence della vecchia Urss fino al totale dominio sull’attuale Russia, Putin ha sempre dimostrato di tenere più al potere che alla vita, più alla storia che alla politica. Berlusconi, che si vantava di essergli amico, dice di non riconoscerlo più, quasi ad alimentare la propaganda che sempre più lo rappresenta come il folle che minaccia il mondo.

In realtà c’è della follia in chi fa del potere la sola ragione di vita e in chi governa un grande paese, una  superpotenza nucleare, avendo come bussola la storia più della politica. E per Putin la storia è quella dell’impero sovietico. Non come ideologia ma come influenza e soprattutto come suo dominio militare su una metà del mondo. Quel dominio perso nel 1991. Hitler inseguiva il sogno della grande Germania, dominatrice dell’Europa. Faceva leva sul popolo tedesco, ne rinverdiva lo spirito di nazione guida animato dai suoi filosofi ottocenteschi. Ma innanzitutto faceva leva sulla volontà di rivincita di quel popolo, umiliato più che dalla sconfitta nella prima guerra mondiale dalle sanzioni impostegli dai vincitori. Alla Russia, dal 1991, è successa la stessa cosa. L’Occidente, uscito vincitore dalla guerra fredda, non ha riconosciuto agli sconfitti l’onore delle armi. Li ha umiliati, annettendo nella propria sfera tutti i paesi del vecchio Patto di Varsavia e di fatto americanizzando il mondo con la globalizzazione mercatistica. Non pago, l’Occidente – e cioè il paese che lo guida: gli Stati Uniti – ha preteso di estendere il proprio dominio economico e militare sino alle porte della Russia. La lezione della storia, quanto successo alla Germania uscita sconfitta dalla prima guerra mondiale e umiliata dalle successive sanzioni, evidentemente non è stata capita. Non è stato capito che gli sconfitti, dalla guerra o (come la Russia) dalla storia, non si umiliano. E oggi ne abbiamo nuovamente la dimostrazione. La dimostrazione, come diceva Gramsci, che la storia insegna ma non ha scolari.

Da questo punto di vista siamo di fronte a due follie: quella di Putin, pastore di lupi che la guerra ha scatenato inseguendo il ritorno alla grandezza del passato; e quella degli Stati Uniti (e dei suoi paesi europei satelliti disseminati di basi militari) contro il nemico di sempre, che ignora gli insegnamenti della storia. Tutto questo è utile ma riduttivo, lo sappiamo, per spiegare una grave realtà bellica che ha tante altre implicazioni. Tutto questo è utile ma riduttivo, in un mondo di nuovo uscito dai cardini dove la pandemia ha fatto strage di vecchi e dove la guerra farà strage di giovani.

Gaetano Cellura