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di Gaetano Cellura L’attività artistica e quella diplomatica informarono parimenti la sua vita. Eccelse nella prima, non sfigurò nella seconda. Il pittore barocco Rubens visse il tempo dei “sacri macelli” della storia europea: quello delle guerre di religione, durato trent’anni, di cui non poté vedere la fine perché morì otto anni prima del Trattato di Vestfalia che segna finalmente il ritorno della pace. Quella pace cui si era ispirato come artista e come diplomatico e uomo politico al servizio dell’arciduchessa Isabella. Quella pace cui erano fortemente interessate per ragioni economiche le operose e commerciali città dell’antica Lotaringia.

Se parliamo del pittore fiammingo non è per la mostra che gli viene dedicata al Palazzo Ducale di Mantova ma per l’attualità di uno dei suoi quadri più pregevoli: Le conseguenze della guerra (1638). In cui vediamo le immagini di Europa, donna vestita a lutto che invoca la pace, di una madre che protegge il proprio bambino dalla brutalità della guerra, del dio Marte con la torre accesa; e di Venere, sua amante, che vuole placarne la furia.

Allegoria d’ogni guerra – lontana, vicina, del passato o del presente – e d’ogni fanatismo religioso, questo dipinto di Rubens. Della guerra in Ucraina, ai confini dell’Unione, sempre viva ma che appare come dimenticata, passata in secondo piano ora che si è riacceso il conflitto nella martoriata Palestina dove sale sempre più il numero dei civili uccisi dai bombardamenti e dei bambini che le madri non riescono a proteggere in nessun modo dallo sterminio indiscriminato. Significativa al riguardo è nel dipinto l’immagine del bambino aggrappato alla madre: proprio i minori sono – nelle guerre del nostro tempo soprattutto: strazianti le immagini che giungono da Gaza – le prime vittime innocenti.

Umanista cattolico, Rubens era contrario a ogni forma di fanatismo religioso. Le guerre in nome di Dio sono una contraddizione in termini. Che l’ala terrorista di Hamas tuttavia sfrutta per infiammare le masse e farne scontro di civiltà e di religione. Gaza è un cumulo di macerie, come (per altri versi e altre ragioni) gran parte dell’Ucraina. Eccole Le conseguenze della guerra. Eccola l’attualità di questo sublime dipinto pacifista. Fosse vissuto oggi, il suo autore non avrebbe lesinato energie, nell’arte come nella diplomazia in cui pure era abile, per la risoluzione dei conflitti. Nella sua Europa e a Gaza.