Pubblicità

di Gaetano Cellura I Venerdì dell’Addolorata sono sempre stati venerdì di sole. Non ricordo processioni sospese o abbreviate per la pioggia. Ma per ricordi io intendo soprattutto quelli dell’infanzia – quando il sole, il sole nell’anima, splendeva anche nelle giornate di pioggia. In fila dall’inizio alla fine, come ali della processione, qualcuno vestito da chierichetto, i bambini a destra e le bambine a sinistra: eravamo i piccoli parrocchiani di Sant’Agostino. Che l’Addolorata la vedevano tutto l’anno, servendo Messa, durante le funzioni pomeridiane (La Benedizione) e nelle ore di Catechismo. Indottrinati dalla signorina Melilli o da suor Letizia. Sopra di noi lo sguardo sempre vigile di padre Michele Polizzi, grandissimo parroco, popolarissimo e apprezzato non solo a Licata.

Ancor oggi non c’è festa, processione dell’Addolorata che non vive – almeno per me – del suo ricordo, del suo magistero cristiano e umano. A Sant’Agostino aveva preso il posto del canonico Manuguerra, altra figura indimenticata del clero licatese che ho conosciuto però, persa Sant’Agostino, come prete della chiesa di San Francesco. Passato dall’Addolorata all’Immacolata.

Padre Polizzi era per noi il “Signor Parroco!”. Così lo chiamavamo. Così bisognava chiamarlo, perché a quei tempi educazione e rispetto non erano ancora degli optional. E credo che, da parroco, abbia saputo indicarci un percorso, che se non è stato di fede, è stato di vita. E con parole semplici, come quelle delle sue omelie. Concise, asciutte e tuttavia sempre capaci di andare in profondità, cogliere il cuore delle cose.

Sant’Agostino è, come ai suoi tempi, una chiesa piena. Sempre nel vivo delle sacre funzioni. E la festa dell’Addolorata sempre molto sentita e commovente. Ma tante altre chiese allora erano pure piene e le vocazioni non ancora in crisi. Un aspetto cui oggi padre Polizzi guarderebbe con preoccupazione.