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marò3È difficile trovare nella storia della nostra politica estera una vicenda gestita peggio. Due errori sono stati commessi, certamente non di poco conto. Il primo riguarda il mancato rispetto della parola data all’India sul rientro dei due marò italiani. Saranno giudicati in Italia era stato risposto dal governo dei tecnici, aprendo un serio incidente diplomatico con una grande potenza mondiale. Una delle prime cinque. Il secondo riguarda l’immediato dietrofront con la decisione di riaffidarli alla giustizia indiana. Senza l’assicurazione, in caso di condanna, che su di loro non verrà applicata la pena di morte in vigore nel paese che deve giudicarli. Una vicenda assurda e umiliante che rende l’Italia zimbello internazionale. Doppiamente assurda. Doppiamente umiliante. Perché i patti si mantengono. Si mantengono sempre. Quando c’è di mezzo la parola data sul piano personale. E a maggior ragione quando c’è di mezzo la parola data da esponenti di governo sul piano internazionale. Forse qualcuno, come si dice, ha illuso i due marò. C’erano le elezioni, e i voti delle famiglie facevano comodo. Qualcuno avrà fatto pressioni sul governo e magari delle promesse elettorali. Dimenticando che c’era la dignità di una classe di governo da salvaguardare e soprattutto la dignità del paese. Si poteva pur decidere di tradire la parola data. E non sarebbe stata una novità per la politica estera del nostro paese, visto qualche precedente storico non proprio edificante. Ma bisognava allora andare fino in fondo. Fino alle estreme conseguenze. Senza esporsi all’umiliazione finale del passo indietro. Il ministro degli esteri Terzi non sente, a fronte di tutto questo, il dovere di dimettersi. E il presidente Monti tace. Prima, durante e al termine dell’ultima tragicommedia messa in scena dal suo governo. Dopo averne fatte altre di brutte figure entro i confini nazionali, questa sul palcoscenico mondiale i suoi tecnici potevano almeno risparmiarsela. E risparmiarcela.

Gaetano Cellura