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enrico_berlinguer_fotogrammaA ucciderlo forse ci avevano provato a Sofia, undici anni prima. Un camion carico di pietre invade la corsia opposta e investe l’auto del segretario del Pci diretto all’aeroporto per il rientro in Italia. Muore l’autista, sul colpo. Berlinguer, che riporta un trauma cranico, si salva per miracolo. Il compromesso storico non piaceva all’Unione Sovietica: e non si può dunque escludere che il Kgb, in collaborazione con il governo bulgaro, abbia provato a eliminarne il teorico dalla scena internazionale.

Nella storia “segreta” del Pci entrano anche alcuni sospetti e nuovi dettagli sulla morte di Berlinguer a Padova, l’11 giugno del 1984. Sul malore che lo colse quella sera durante il comizio. Fu davvero un ictus? Perché fu condotto all’hotel Plaza, dove alloggiava, e solo due ore dopo in ospedale?

Anche all’ospedale pare sia stato poi operato con ritardo. Cosa successe veramente quella sera, quella notte? Ci fu una sottovalutazione del malore e quindi precise responsabilità dell’apparato del Pci adibito alla sua sicurezza? Alla sicurezza del segretario più amato della lunga storia del partito iniziata nel 1921?

A porre queste domande e a essere certo che “troppe bugie ci sono sano state raccontate” è il sociologo Rocco Turi, nel suo Storia segreta del Pci (pubblicato nel 2013 da Rubettino). Se non fu arton40374follia soccorrerlo con ritardo, portarlo in sala operatoria più di due ore dopo, qualcosa di inquietante deve esserci sotto. Enrico Berlinguer era in preda a dei conati di vomiti. E gli si diedero due bicchieri d’acqua: quanto di più controindicato in questi casi. Anche perché chi vomita non ha nessuna voglia di bere. Ma la domanda cruciale che l’autore del libro pone è proprio questa: perché nessuno analizzò quell’acqua?

Il libro di Turi osa troppo. Mette in discussione tutto quanto avvenne la sera in cui il segretario di Pci si sentì male: e pensa a Moro e a quel compromesso storico fallito e politicamente ormai archiviato. Secondo l’autore, qualcuno ancora non glielo perdonava. Tutto è possibile. Ed è giusto che l’indagine storica non si fermi. Ma a noi, trent’anni dopo, preme soprattutto ricordare quel segretario pallido e sofferente che scende dal podio sorretto dai compagni. L’emozione indimenticabile di quel momento e dei giorni seguenti.

Gaetano Cellura