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CONFERENZA BiondiProponiamo un intervento dell’ex sindaco Angelo Biondi in merito agli immobili abusivi da abbattere.

Ieri, al parcheggio della stazione, un signore (che conosco) mi ferma, e con aria seccata mi dice:“tutti bravi siete a parlare voi politicanti. Quando cercate i voti, per ogni problema, avete prontala soluzione. Finita la campagna elettorale, sordi e muti”. Notata la mia espressione interrogativa, aggiunge: “ Tu, nulla hai da dire, su questo fatto che il comune vuole abbattere le case abusive?”. Gli rispondo per le rime: ricordandogli che sull’argomento la mia posizione è chiara, oltre che nota fin dal lontano 2003. Ed aggiungo, rimproverandolo, che se avesse avuto la bontà di ascoltare qualche nostro comizio durante la recente campagna elettorale, avrebbe saputo qual era la soluzione, da noi immaginata, per affrontare il suddetto problema.
Proprio cosi, nel programma amministrativo elaborato dal nostro movimento, avevamo previsto un’azione politica atta ad affrontare la spinosa questione degli immobili abusivi acquisiti al patrimonio comunale. Con Roberto Di Cara, assessore designato al settore urbanistica, più volte ci eravamo confrontati sulla necessità di avviare (in caso di vittoria) una valida progettualità finalizzata, non all’abbattimento; ma al recupero e alla riqualificazione, se non di tutto, almeno di una gran parte di detto patrimonio edilizio. E lo avevamo previsto, non perché sapevamo che qualche mese dopo i giudici della procura avrebbero rivolto la loro attenzione a questo fenomeno. Ma perchéconvinti,che un giusto utilizzo della stragrande maggioranza di quegli immobili, poteva rappresentare un’ulteriore occasione di sviluppo per la nostra comunità.
La nostra idea si basava sulla concreta possibilità di riconvertire tutti quegli immobili ricadenti entro la fascia dei 150 dal mare, destinandoli alle molteplici finalità sociali, culturali, didattiche e ricreative legati alla diretta fruibilità Demolizione-Casa-abusivadell’ambiente marino. Naturalmente si sarebbero presi in considerazione solo gli immobili ubicati in zone fortemente antropizzate e privi di qualsivoglia vincolo idrogeologico. Le costruzioni particolarmente impattanti, o posizionate in siti a forte rischio ambientale, sarebbero state assolutamente abbattute.
Per finanziare l’intera operazione avevamo pensato di utilizzare lo strumento del Partenariato Pubblico Privato. Puntavamo sulla partecipazione di una molteplice tipologia di soci privati, da ricercare principalmente in tutte quelle associazioni, enti ed organismi: sportivi, sociali, culturali, sanitari, didattici, ludici e ricreativi (regionali e nazionali), che potevano avere un certo interesse alla creazioni di basi logistiche. Con annessa possibilità di ospitalità alberghiera, a costi sociali e a diretto contatto con il mare. Ugualmente gradita sarebbe stata la presenza, fra i soci privati, degli ex proprietari degli immobili a cui, se interessati, affidare: custodia e ordinaria manutenzione del patrimonio edilizio riqualificato.
A questo punto qualcuno si potrà porre domande del tipo: – “E la legalità dove la mettiamo? gli abusi vanno puniti e basta”; – “ Ma se entro i 150 metri dal mare c’è il vincolo di inedificabilità assoluta, come fa questo a dire che riqualifica e lascia in piedi le costruzioni?”.
779-TRIBUNALE_AGRIGENTO-470x314Alla prima rispondo dicendo: Legalità e rispetto delle regolesono per me principi inderogabili. Ma abbattere tutte le costruzioni, anche quelle che potrebbero essere utilizzate ai fini di pubblica utilità, non vuol dire in automatico buon esempio di legalità. Anzi, potrebbe per paradosso essere considerato un atto ulteriore di illegalità. In quanto, in zone a forte concentrazione di unità abitative, si verrebbe a creare l’assurda situazione di vedere demolite case che si trovano alle spalle o ben nascoste alla vista, rispetto ad abitazioni prospicenti il mare, ma in regola con le norme urbanistiche. Con l’unico risultato di bruciare risorse preziose (per abbattimenti e smaltimento di tonnellate di detriti), senza ottenere nessun visibile miglioramento del paesaggio costiero. Non va dimenticato che, anche in mancanza di demolizione, la legge è stata comunque rispettata: chi ha commesso l’abuso è stato più che punito, sia con il relativo procedimento penale, sia con la “confisca” del bene.
Risposta alla seconda domanda: Laleggeregionale 12 giugno 1976 -che con l’art. 15, introduce il principio di inedificabilità assoluta nella fascia dei 150 metri dal mare – prevede: sia la possibilità di edificare opere ed impianti destinati alla diretta fruizione del mare; sia ( art. 16) il ricorso alla richiesta di apposita deroga, per opere di preminente interesse pubblico. Possibilità di deroga prevista anche dall’art. 57 l.r. n° 71/78, e ribadita successivamente, dall’art. 89 della legge n° 6/2001.
A norma di legge la strada è perfettamente percorribile, d’altronde i precedenti di deroga ex art. 16, in Sicilia non mancano. Uno lo abbiamo ottenuto, non molto tempo fa, anche a Licata, in riferimento alla realizzazione del porto turistico.
Bisognerebbe dunque, predisporre un valido piano particolareggiato di recupero e riqualificazione del patrimonio edilizio comunale ricadente nella fascia costiera. Progetto, che riconverta detto patrimonio in opere ed impianti destinati alla diretta fruizione del mare, a cui riconoscere, con delibera del consiglio comunale, il preminente interesse pubblico.
Chiudo, ponendo io qualche domanda ai nostri attuali amministratori: Era proprio cosi urgente e necessario firmare subito il protocollo d’intesa con la Procura della Repubblica, e indire la relativa gara d’appalto per procedere alle demolizioni di beni acquisiti al patrimonio comunale? Non sarebbe stato più opportuno (anche con tempi contingentati), avviare un confronto e un ragionamento, con le forze politiche e sociali della città per verificare possibilità alternative all’abbattimento “tout court”? Perché altri comuni, vedi la vicina Palma di Montechiaro, non sono stati cosi solerti?
Ed infine: in tempi di “armonizzazione contabile” dei bilanci comunali, sulla base di quali “entrate certe” sono stati impegnati le centinaia di migliaia di €uri, necessari per pagare la ditta aggiudicataria dei lavori di demolizione?
Non mi si venga a dire che si tratta di una semplice “partita di giro”, in quanto sono spese a carico degli ex proprietari autori dell’abuso, per cui il comune chiederà il relativo rimborso. Conosciamo perfettamente i tempi biblici delle riscossioni forzate e la scarsissima percentuale di successo.

Angelo Biondi