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Samir Mansour ha perduto tutti i libri. Ne aveva accumulati migliaia. Perché suo padre faceva l’editore e lui aveva una libreria di due piani, il suo orgoglioso lavoro. Un missile israeliano gliel’ha distrutta. Tra le macerie non ci sono uomini (e questo è un sollievo). Ma c’è ciò che dà corpo alla vita degli uomini – libri bruciati, inservibili, irrecuperabili. Sono, per Israele, effetti collaterali della guerra. Effetti collaterali: spudoratamente così chiamati. Anche per le vittime civili di ogni guerra si usa quest’espressione, cinica e vergognosa. Che andrebbe bandita dal linguaggio comune, dal linguaggio universale.

Quella di Samir con un libro di Agata Christie in mano, tirato fuori bruciato dalle macerie è la foto del giorno. Lui non crede agli effetti collaterali. Pensa che la sua libreria sia stata invece presa di mira. E si chiede perché. A chi dava fastidio una libreria per bambini e per gli studenti poveri di Gaza? Cosa c’entra la cultura, la fantasia, la saggezza con la sporca guerra?

Dura da troppo tempo questa guerra tra israeliani e palestinesi, tra aggressori e aggrediti. E ogni sua tregua sempre si rivela effimera. Perché da un lato c’è chi ritiene che quel territorio, quello Stato sia suo per diritto divino e che ogni accordo di pace e convivenza (da quello sulle frontiere seguito alla Guerra dei sei giorni agli accordi di Oslo che costarono la vita a Rabin) sia carta straccia; e dall’altro c’è chi – i palestinesi – stava già lì quando lo stato d’Israele è nato e non vuole perciò vivere come popolo colonizzato o espulso da Gerusalemme Est.

La guerra è guerra perché spezza i sogni. Il sogno della pace duratura nella terra dei tre monoteismi. Samir, il libraio di Gaza, vendeva libri, e cioè sogni, immaginazione. Un missile ha spezzato anche i suoi. Evidentemente, davano fastidio.

Gaetano Cellura