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sergelatoucheIl nostro obiettivo? Vivere bene, non vivere meglio. Accontentarci di quello che abbiamo, per essere felici. Parole come Pil, crescita, spread, libero scambio sono funzionali alla logica capitalista, all’accumulazione a tutti i costi. Parole che nei periodi di economia senza crescita, di dominio della finanza globale producono la guerra di tutti contro tutti. E la stiamo vivendo.

Serge Latouche, il teorico della decrescita felice, ne ha parlato al “Bergamo festival Fare la pace” del maggio scorso, giunto alla sua sesta edizione. Fare la pace attraverso l’economia. Smetterla d’inseguire la crescita forzata e puntare sulla società solidale piuttosto che sulla competizione. Smetterla di correre come forsennati per non restare indietro e ristabilire invece i rapporti sociali. Smetterla con le fiere delle multinazionali come l’Expo di Milano.

Se è vero che il quaranta per cento del cibo prodotto finisce tra i rifiuti, quello che abbiamo basta per farci vivere serenamente. Latouche, economista pentito, ha capito queste cose durante la sua esperienza in Laos, dove non esiste “un’economia  capitalistica all’insegna della crescita e la gente vive felice”. E in Laos il teorico francese ha perso ogni fiducia nell’economia ed è diventato filosofo. L’economia è una religione occidentale che rende infelici e distrugge ogni equilibrio. Il tessuto industriale italiano distrutto dalla concorrenza cinese; gli stessi contadini cinesi messi in crisi dall’agricoltura occidentale. Non per nulla, qualcuno l’ha giustamente definita “scienza triste”, oltreché inesatta. E quanta tristezza, infatti, e rovina e fallimenti hanno creato, nelle società occidentali, i calcoli e le ricette sbagliate dei nostri economisti?

L’elenco è lungo se andiamo a ritroso nel tempo, dalla crisi finanziaria del 2008 sino alla Grande depressione dei primi anni Trenta del secolo scorso, quella che ha dato  forza ai fascismi in Europa. E ci dice soprattutto, quest’elenco, che non agli economisti ma agli storici spetta il compito di scrivere la storia, anche la storia dell’economia.

C’è stato un momento nella vita di Serge Latouche in cui – come il dottor Kien di Canetti – deve essersi detto: “Questa verità mente, deve scomparire”. Ed è stato in Laos, appunto.

Lì, nel lontano Oriente, dove senza la violenza della competizione e della crescita uomini e donne vivono felici, ha capito che l’economia è una menzogna. Una menzogna che genera infelicità e guerra. E siamo stati noi, noi occidentali a inventarla. Sin dai tempi di Aristotele, che pure subito comprese quanto distruttiva sarebbe stata per la società la voglia di far denaro con il denaro.

La soluzione per Latouche, se vogliamo vivere in pace e sereni, è invertire la rotta, “decolonizzare la nostra mente dall’invenzione dell’economia”, tornare alla società pre-economica, abbandonarci all’abbondanza frugale, quella che basta per vivere, favorire i movimenti politici che partono dal basso, dalla strada, e guardano prevalentemente alla società e a modelli di sviluppo solidali: neozapatismo, Syriza, Podemos. È un processo lungo, forse lunghissimo, carico d’utopia. Abbreviarne i tempi, può salvarci.

Gaetano Cellura

(Pubblicato su Ebdomadario, blog di Prova d’Autore)