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IMG_2172Basterebbe scrivere le leggi in modo chiaro per rendere tutto più semplice. Scriverle con la chiarezza e la semplicità della nostra Costituzione per esempio. Invece a ogni nuova legge bisogna prima fare i conti con l’italiano contorto dei suoi articoli e dei suoi commi (1, 2, 2-bis, 3, eccetera); e poi con la sua interpretazione (sentite un po’) “letterale, sistematica, logica e costituzionalmente orientata”. È quanto scrive il Consiglio di giustizia amministrativa in risposta al chiarimento chiestogli dall’Assessorato agli enti locali riguardo alla dibattuta questione – a Licata particolarmente – della contemporanea decadenza del sindaco e del consiglio comunale nel caso in cui quest’ultimo organo non approvi il bilancio.

Stiamo parlando non di un’intera legge, ché ci saremmo ancora di più persi di casa, ma di due commi di un solo articolo. Precisamente il comma 2 e il comma 2-bis dell’articolo 5 della legge regionale n.17 dell’11 agosto 2016, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale regionale del mese successivo.

L’Assessorato agli enti locali aveva sentito il bisogno di emanare una prima circolare esplicativa delle nuove modifiche. E subito dopo un’altra che l’annullava in attesa del pronunciamento del CGA che avrebbe dovuto spiegare le novità della legge, nell’ordine: agli stessi deputati regionali che l’hanno partorita, al governo Crocetta che deve applicarla, e soprattutto ai sindaci e ai consigli comunali della Sicilia cui è destinata. Vi sembrano un paese e una regione normali l’Italia e la Sicilia?

Il parere dirimente del CGA, cui i sindaci siciliani caduti sul bilancio avrebbero inoltrato certamente ricorso se il comma 2-bis fosse stato applicato alle amministrazioni elette prima dell’entrata in vigore delle modifiche dell’agosto scorso, questo parere, non si è fatto attendere. È arrivato il 18 ottobre: e, se non ha fugato tutti i dubbi, ha fornito comunque il chiarimento richiesto. Il comma 2 e il 2-bis sono un “tutto inscindibile”, secondo il Consiglio di giustizia amministrativa; e dunque la decadenza del primo cittadino nel caso di dimissioni del sessanta per cento dei consiglieri (comma 2), al pari della sua decadenza in seguito a dimissioni del consiglio comunale “per qualsiasi ragione” (2-bis), compresa la mancata approvazione del bilancio, riguardano le amministrazioni democraticamente elette dopo l’entrata in vigore delle nuove modifiche.

Strano dunque che, a distanza di tre mesi, si continui ancora a discutere di queste cose. Il rebus giuridico pare sia stato risolto. Resta però quello politico.

Perché questo bilancio da approvare è diventato un problema?

La risposta è semplice. O meglio: è chiara a tutti. È la somma destinata alle demolizioni, ad altre demolizioni di edifici abusivi a dividere e a rendere la maggioranza dei consiglieri indecisa sul da farsi. Votare il bilancio assumendosi le stesse responsabilità della giunta (come finora non è stato)? Oppure non votarlo, a larga maggioranza, e decadere automaticamente lasciando in carica (stando al parere espresso dal CGA) soltanto la giunta e quindi rendendo monca e commissariata, per la seconda volta in pochi anni, la democrazia cittadina?

Gaetano Cellura