Si sa, quando le cose nel calcio vanno male e i risultati non arrivano, paga sempre l’allenatore. Agli esoneri Zeman è abituato. Anche a Licata stavano per mandarlo durante il primo anno della sua avventura: per qualche risultato negativo o per un’alternanza di risultati che un giorno facevano sognare tutto l’ambiente – tifosi, squadra, società – e l’altro giorno lo deprimevano. Ma vittorie e sconfitte portavano sempre il timbro del bel gioco, d’uno spettacolo mai visto. Goal a raffica, schemi nuovi, pressing asfissiante, grande corsa, sovrapposizioni continue sulle fasce laterali del campo. Fu il presidente Franco Licata D’Andrea a salvargli la panchina: da solo contro tutti quelli – ipercritici, denigratori del 4-3-3 – che chiedevano il cambio della panchina. Senza saperlo Franco Licata D’Andrea, difendendo e confermando Zeman, si apprestava a scrivere il capitolo più glorioso della storia gialloblu. Zeman vinse il campionato e avviò il cammino che porterà il Licata in serie B. Unica squadra della provincia di Agrigento ad aver raggiunto questo invidiabile traguardo. Il tecnico boemo ha poi continuato la carriera con altre squadre, fino a raggiungere la Serie A con il Foggia. Debuttò a San Siro contro l’Inter di Corrado Orrico. Finì in pareggio. Con quel Foggia tutto corsa e pressing, e senza alcun timore reverenziale, che andò in vantaggio con Baiano e fu poi raggiunto da Ciocci servito da Matthaus. Da allora Zeman conobbe alti e bassi. Sempre in procinto di diventare il migliore di tutti. Sempre a rischio esonero. Sapeva stravincere: in casa o in trasferta non faceva differenza. Ma incappava anche in sonore clamorose sconfitte che lo mettevano continuamente in discussione. Le squadre più importanti che ha diretto sono quelle della Capitale. Due volte la Roma. Mettendo sempre in mostra un calcio aggressivo e offensivo, ma senza mai ottenere i risultati soddisfacenti attesi dalla grande piazza. In nome di un calcio pulito, lontano dalle farmacie, il Boemo freddo e impassibile non ha temuto di sfidare il Potere. E anche questo gli è costato, per qualche tempo, l’ostracismo dal calcio che conta. A Pescara l’anno scorso è tornato alla vittoria riportando la squadra adriatica in Serie A. Nel mese di giugno la scelta di ritornare nel club giallorosso, nella Roma “americana” dalle ben riposte ambizioni. Ma, dopo una serie di risultati altalenanti, ieri sera la sconfitta pesante con il Cagliari ha segnato il nuovo esonero. Forse la Roma era il suo ultimo banco di prova importante e non avrà più la possibilità di allenare una squadra di prestigio. Ma il tecnico è bravo comunque. Innovatore. Cultore del calcio spettacolo cui finora è mancata, per colpe non sempre sue, solo la grande vittoria.
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