di Gaetano Cellura Unni niscivu iu ricorda Nino Marino, di cui Renzo Peritore è degno erede. Unni niscivu iu è Licata, la sua (e nostra) città. La città com’è e come Renzo la vorrebbe. O meglio: come l’ha sempre sognata. “Un paisi unni a natura/un si vosa risparmiari/depositannu in giru/Biddizzi d’ogni tipu”.
Ma con Nino Marino, poeta licatese da lui molto apprezzato, Renzo non condivide, e nobilmente, soltanto il verso: condivide pure, oltre alla civile rabbia per Licata com’è ridotta, l’utopia d’una città migliore. E cioè degna, un giorno, della sua storia e delle sue naturali invidiabili bellezze. Sino ad oggi Trascurate.
Rabbia la sua verso certa politica, che ha prodotto disastri “p’amuri di poltroni”; e verso “u licatisi” stesso, che “agliutta senza diri mancu ciu/pirchì forsi sta aspittannu/u miraculu di Diu”. Ma miracoli e utopie – acqua corrente, lavoro, strade pulite e senza buche – sono di là da venire se non cambia “u licatisi”. Se noi licatesi non acquisteremo cioè senso civico e ci lasceremo ancora abbindolare dalla promessa elettorale.
Versi per tutti (Medinova edizioni), che ora si pubblica e che presto sarà presentato, è il terzo libro di Renzo Peritore. Esce dopo Rimaniamo in rima e Rime di speranza. Libri scritti nell’amato dialetto e che a Libriceddu di paisi di Nino Marino sono senz’altro da mettere alla pari. Per il rapporto intimo e mai perduto che i due autori hanno con la lingua madre e con la poesia, arte la meno salariata ma la più redditizia per altri versi. Fiore che conserva il suo colore nel buio della notte. Bella signora con un immenso albero genealogico come diceva Brodskij. E i cui frutti sono le parole vere, quelle che costano più fatica ai poeti. Ma gioconda fatica alla fine. Gioia del verso.
C’è il nitore del ricordo nelle rime di Renzo Peritore, questo nostro poeta. Ricordo di luoghi: la via Sant’Andrea della nostra infanzia, innanzitutto. Vetrina di Licata. E di persone come don Ciccio Bilotta (detto U Pizzitanu): della sua bottega di generi alimentari e di densi odori piena. O di don Carlo Santamaria, il principe dei fotografi licatesi. Onore grande è per Renzo poterne parlare: parlare di don Carlu, “maestru sia na vita/ca na fotografia”. E accanto al ricordo il sogno, che dei poeti è linfa ed è luce. Sogno, nella poesia dedicata al giudice Livatino, d’un mondo “tuttu novu”: senza guerre, mafia, delinquenza. Poesia che è una delle ultime di questa sua mirabile raccolta.