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La verità è una prima di scaricare tutte le responsabilità (e ne ha comunque) sulla burocrazia regionale per i ritardi riguardo alla cassa integrazione in deroga attesa in Sicilia da famiglie sul lastrico. È che mai prima d’ora la classe politica da noi mandata a Palermo, e con scelte elettorali in larga parte ancora clientelari, si è preoccupata di riformarla e informatizzarla come si deve. O meglio, come i tempi impongono.
È vero d’altra parte che molti dipendenti regionali, la cui età media è oggi di cinquantadue anni, non sono stati sempre selezionati secondo criteri culturali e di merito; e che manager e dirigenti (non tutti ma in gran parte) vengono scelti in base alla vicinanza a questo o a quel politico.
Come sono vere altre due o tre cose da non sottovalutare: stipendi elevati per tutti – dai livelli di competenza più alti ai più bassi – con relative pensioni da favola a fine carriera e non in linea, per età e reddito, con la riforma Fornero: tanto da creare in Italia, e a parità di condizione e di diritti, pensionati del pubblico impiego di serie A e altri di serie B; impiegati regionali divisi in dipendenti della Regione e in dipendenti dell’Ars (e nessuno ce ne ha mai spiegato in modo convincente la ragione); condizioni di lavoro – a guardare lo stato di certi uffici di periferia – assolutamente inadeguati e contraddittori rispetto al servizio reso ai cittadini anzitutto, e agli stessi emolumenti percepiti dagli addetti al lavoro, costretti persino a portarsi il sapone da casa; un sistema di informatizzazione degli stessi uffici e di formazione del personale – e questa è storia!– partito negli anni scorsi con notevole ritardo al confronto dei settori del pubblico e del privato. Cosa che ha creato notevoli difficoltà nell’espletamento delle pratiche burocratiche, una lentezza esasperante che ha reso la Sicilia una regione lumaca. E naturalmente sono stati i cittadini a patirne le conseguenze; e nella fattispecie attuale le famiglie colpite dalla crisi economica prodotta dal lockdown.
Quest’ultima grana della cassa integrazione al tempo del Covid 19 è la goccia che ha fatto saltare la prima testa importante dell’apparato burocratico regionale. Le pratiche l’Inps le ha trasmesse il 20 aprile e da allora è iniziata una corsa che ha messo in risalto tutte le carenze di una macchina ancora troppo imballata e pure incapace di comunicare tempestivamente con l’Inps stesso: una macchina già insoddisfacente in condizioni normali, figuriamoci in momenti di emergenza come questi.
Di fronte a problemi siffatti la politica regionale non può non cominciare a riflettere sulla necessità urgente di una riforma radicale dell’intero apparato burocratico della regione e di riappropriarsi (come giustamente scrive Pippo Russo su LiveSicilia) delle sue funzioni di coordinamento e di controllo. Forse non migliorerà del tutto la situazione, viste le ataviche disfunzioni della regione. Ma può essere, con la dovuta buona volontà, un passo avanti verso sistemi di gestione moderna. Cittadini e imprese in difficoltà non chiedono altro.

Gaetano Cellura