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Toccante cerimonia in via Marconi presso la scalinata grande che la collega alla sovrastante via Santamaria. Una lapide in memoria del sindacalista licatese Vincenzo Di Salvo, ucciso dalla mafia il 17 marzo del 1958, è stata scoperta alla presenza delle autorità cittadine e di un folto pubblico che ha seguito le varie fasi della cerimonia. L’omicidio di Di Salvo emerge così dagli archivi della storia dentro cui è rimasto sepolto per lungo tempo. Il merito dell’iniziativa va all’associazione A Testa Alta di Licata che, grazie a un prezioso lavoro di ricerca, mette da oggi a disposizione di chiunque le più attendibili fonti per approfondire le ragioni del barbaro assassinio.

Erano anni difficili per Licata. Anni in cui si parlava con le armi. Anni in cui l’arbitrio mafioso negava ogni forma di libertà, di diritto e di rivendicazione salariale. Questo voleva Vincenzo Di Salvo: il diritto al rispetto degli impegni presi, della parola data e soprattutto il diritto al pagamento del salario maturato e non corrisposto. Lo voleva lui e gli altri lavoratori edili che lo seguivano nella giusta protesta.

Finì come sappiamo: con un colpo di pistola a bruciapelo che tolse la vita a un giovane e onesto padre di famiglia. Brani di testimonianze rese al processo e di lettere dei familiari della vittima sono stati letti da Gaspare Frumento, Nicoletta Bona e Luisa Biondi. Una corona di fiori è stata deposta sotto la lapide. Alla manifestazione commemorativa, promossa da A Testa Alta, hanno aderito Libera, il Comune di Licata rappresentato dall’assessore Cianchetti, l’Agesci e la Cgil di Agrigento.

(g.c.)