di Gaetano Cellura  Di mezzo ci sono solo i poco raccomandabili interessi americani. L’interesse a far la guerra, con la Russia, in Ucraina. Non importa a quale prezzo. L’interesse a finirla. Non importa a quale prezzo. La guerra portata in casa d’altri, nel cuore dell’Europa, è comoda. E non per difendere l’Ucraina (questa è sempre stata una favola): ma per difendere gli interessi delle grandi famiglie dem in Ucraina.

Ora, con Trump, il vento è cambiato. Come sono cambiati gli interessi americani. E Zelensky non è più l’uomo della Casa bianca messo a capo dell’Ucraina a far la guerra per procura. Il tycoon non gli riconosce alcun ruolo e tratta direttamente con Putin. Da impero a impero.

Fatto grave, senza dubbio. Perché Zelensky rimane pur sempre il leader di un paese sul cui territorio – devastato e tra le macerie – la sporca guerra ancora si combatte. E la cui ricostruzione, come quella di Gaza, suscita disgustosi appetiti speculativi. Senza dimenticare quelli per le cosiddette terre rare.

E dunque: siamo proprio sicuri, dopo il vertice di Riad, che con Trump alla Casa bianca le cose siano cambiate (o stanno per cambiare) in meglio? Che bypassare l’Ue e soprattutto la povera Ucraina sia la scelta giusta?

Se l’accordo politico per la pace verrà siglato sul non ingresso dell’Ucraina nella Nato (la cui esistenza futura è peraltro tutta da verificare) e sull’adesione all’Unione europea, un’Unione per di più disgregata e senza visione politica, messa in crisi dai sovranisti, e che ha pure perso la sua ragion d’essere originaria, e cioè gli ideali di Ventotene, a questo accordo si poteva arrivare molto prima. E sono proprio i leader europei, incapaci di alcun ruolo strategico e genuflessi alle decisioni dell’amministrazione Biden, a doverne recitare il mea culpa.

L’Ucraina, dopo tre anni di guerra, si ritrova umiliata e offesa. Sente addirittura Trump definire una “stupida guerra” la guerra che l’ha devastata. Ma è l’Europa sul piano politico la vera grande sconfitta. Poteva ritagliarsi un ruolo di mediazione, che l’avrebbe davvero resa grande, e non l’ha fatto. O ne è stata incapace. E così ora è in gioco anche il suo futuro.