Un commissario, il dottore Terranova, in sostituzione del consiglio comunale; un altro, il dottore Carapezza appena insediatosi, per gestire l’emergenza rifiuti; il sindaco stesso (e lo puntualizza in ogni intervista) costretto a esserlo di fatto, per scongiurare – vuol far credere – il dissesto finanziario. Manca solo, consentiteci la battuta, che arrivi a Licata, a colmarne il vuoto politico (lui che qualche buona idea politica ce l’ha, anche se di quelle oggi considerate vecchie), il commissario Montalbano di Camilleri, e così almeno tutto diventa fiction. Ottima fiction. Due commissari straordinari, più il sindaco, più otto assessori. Insomma, l’abbondanza non manca nella città e nella regione dalle casse vuote; e nel paese della spending review. Una giunta al completo non è stata in grado di trovare 100 mila euro da versare alla Dedalo. Che, come d’incanto, sono stati trovati appena giunto il nuovo commissario. Ma di che meravigliarsi ancora? La politica incapace di esprimere un governo che non sia tecnico. La democrazia in Italia commissariata dal governo Monti, dalla Bce che l’ha voluto e dal pessimo governo Berlusconi che l’ha reso necessario. A un commissario in più o in meno nessuno ormai fa caso. E tutti ci siamo come rassegnati all’aumento dei tributi, ai tagli della spesa che grava soprattutto sui soggetti economicamente più deboli, alla decrescita diventata povertà. Tutti ci siamo rassegnati a un paese commissariato dai poteri forti e da un’idea sbagliata di unione europea. Tutti ci siamo rassegnati a Licata a una città senza democrazia. Aspettiamo solo la fine del mandato di Angelo Graci, della sua “gestione commissariale”, per tornare a votare. Pur sapendo che non sarà facile ricostruire, dopo il voto e pur con tutta la buona volontà e lo spirito di sacrificio necessari, una città normale. Il fallimento, negli ultimi anni, è stato totale. Ha sbagliato il consiglio comunale a dimettersi senza prima aver saputo sfiduciare il sindaco. È stato il peggiore consiglio comunale della storia di Licata: nessuno certo lo rimpiange e le dimissioni non l’assolvono dalle sue responsabilità. Ha sbagliato lo stesso sindaco nel momento in cui ha deciso di governare ugualmente senza un organo politico di controllo. E continua a sbagliare tutte le volte che accoglie, contento e fiducioso, l’arrivo di un commissario regionale. I commissari servono magari a tamponare o ad aggiustare le cose, ma rappresentano il fallimento della politica. Vengono mandati perché c’è un vuoto politico e amministrativo. Di questo, caro Angelo Graci e signori assessori, occorre (e occorreva in tempo utile) prendere coscienza. Dove c’è buona amministrazione e buona politica, dove c’è una democrazia completa, i commissari straordinari non servono.
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