Cos’è avvenuto ad Agrigento lo sappiamo. Quindici persone, tra cui vertici e funzionari del fisco e il presidente di Girgenti Acque, sono stati raggiunti da misure cautelari. È avvenuto, stando all’accusa, che chi – come dirigenti e funzionari dell’Agenzia delle Entrate – deve controllare e sanzionare l’evasione fiscale, si lascia corrompere, dalla promessa di denaro o di posti di lavoro per i figli presso la società che gestisce in provincia il servizio idrico, si lascia corrompere e non controlla.
Non è cosa da poco. L’indagine era iniziata nel 2013. Non è cosa da poco se Mariella Lo Bello, che conosce bene le cose di Agrigento, denuncia oggi con le parole della politica “un sistema di connivenze e malaffare”. Ma gli altri politici perché non parlano? Sono tutti garantisti?
Esserlo non guasta mai visto il caso Penati. Ma ogni cittadino ne intuisce il motivo. Forse il vero motivo. Quanti, fra loro, per ragioni clientelari, non hanno chiesto favori a Girgenti Acque?
Ma almeno qualcosa sulle privatizzazioni e sul loro totale fallimento potrebbero dirla. A partire dagli anni Novanta, e soprattutto dopo Tangentopoli, venivano presentate dai liberisti nostrani come la panacea di tutti i mali, compresa la dilagante corruzione. Che era vista come la conseguenza dell’eccessiva presenza del sistema pubblico nell’economia. Riduciamo questa presenza, ci dicevano. Rendiamo il più possibile il rapporto tra pubblico e privato come rapporto tra soggetti privati, e faremo passi avanti anche sul piano della diminuzione dei fenomeni di corruzione e concussione.
Non è stato così. E nessun passo avanti è stato fatto neppure nell’economia e nel miglioramento per i cittadini dei servizi privatizzati, dall’acqua ai rifiuti.
Gaetano Cellura