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di Gaetano Cellura “Nelle amministrazioni pubbliche prendiamo soldi per far passare certe cose. In questi passaggi qualcuno resta con le mani sporche”. Fu Elio Quercioli a pronunciare queste parole. Ed eravamo nel 1973. Possiamo trovarle a pagina 33 del libro Il paese reale di G. Crainz. Di quale diversità, di quale superiorità morale parliamo se già allora un dirigente del Pci, ex partigiano denunciava un certo malaffare nel suo stesso partito e lo metteva in guardia dal rischio di restare “con le mani sporche”?

Lasciamo perdere l’oro di Mosca, che non finiva nelle tasche dei dirigenti, ma serviva a finanziare giornali, centri studi, convegni, iniziative pubbliche, strutture di partito, quel “costo della politica” che all’epoca di Tangentopoli venne giustificato per alcuni partiti e colpevolizzato per altri; lasciamo perdere la pur importante questione morale sollevata da Berlinguer nel 1981 che, se da un lato fotografava la realtà dei partiti, diventati quasi tutti dei comitati d’affari, dall’altro serviva – e proprio in nome della diversità dei comunisti – a rilanciare l’iniziativa politica del Pci, venuta meno dopo il governo di unità nazionale. Ebbene, pur a lasciar perdere un bel pezzo di storia, costatiamo comunque che il suo seguito, alla luce non solo del Qatargate, non sempre ha avuto buoni eredi negli ultimi trent’anni. E che la questione morale è diventata un mito da riporre negli archivi. E oggi fino a mortificarla.

Allora il punto politico, o meglio la domanda da porsi è: questa diversità morale della sinistra, rispetto alle altre forze politiche, che qualcuno ha avuto l’ardire di considerare persino antropologica, era vera se già Quercioli quarant’anni fa in qualche modo la negava e se nel ’92 l’inchiesta Mani pulite ha toccato, benché marginalmente, anche il Pci-Pds?

Il buon senso fa rispondere che di vera, e di autentica, c’è stata nel complesso soltanto una grande e nobile storia di idealità e di passione. E speriamo di non veder tramontare pure quella. Per il resto, è stata storia di uomini. Che non nascono civili (come ci ricorda qualche grande filosofo) ma lo diventano.