Certo, non si può fare di tutta l’erba un fascio. Ma il consiglio comunale ha prodotto così poco o nulla che anche i pochi e buoni consiglieri, a causa dei tanti e cattivi, sono finiti nel discredito politico. Non è giusto, perché le responsabilità sono personali e andrebbero ben distinte, ma è così ormai. Chiedete in giro ai pochi che ancora s’interessano di politica a Licata, e avrete la conferma del generale discredito nei riguardi di un’istituzione, come il consiglio comunale, che non funziona, ritarda oppure strumentalmente ostacola i già lenti atti amministrativi, e in questo modo il governo della città.
Ieri il Consiglio ha toccato uno dei suoi livelli più bassi. Si è riunito e sciolto in un battibaleno. Il numero legale c’era: undici consiglieri dell’opposizione e otto dei nove vicini al sindaco. Ma già la trattazione del primo punto – quello del “nonno felice”: pensate un po’ quant’era importante! – l’ha fatto saltare. Arrivederci e grazie.
Nonostante tutto, dobbiamo chiederci dove vanno ricercate le ragioni di un simile comportamento. Nel deteriorato rapporto, sin dal primo momento, tra il sindaco e l’opposizione? Nell’oscillante rapporto tra il sindaco e i suoi consiglieri comunali? O più precisamente nel notevole numero di debiti fuori bilancio che nessuno intende mai votare? Ma anche questi debiti fanno parte del gioco e rientrano in quell’assunzione di responsabilità che la politica comporta.
Nessuno ha chiesto ai consiglieri di candidarsi. L’hanno fatto di propria volontà. E allora, indipendentemente dai loro buoni o pessimi rapporti con la giunta in carica, affrontino tutti i problemi di Licata (debiti fuori bilancio compresi). Oppure ci sono sempre le dimissioni a portata di mano. Nessuna legge le ha ancora abolite.
Gaetano Cellura