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Abbiamo una data per la fine della guerra: il 9 maggio. Putin rivede i suoi piani e sembra accontentarsi, per il momento, del Donbass dove la guerra è in corso dal 2014. Da quando Russia e Ucraina hanno disatteso gli accordi di Minsk. E se davvero la guerra cesserà quel giorno occorrerà chiedersi, occorrerà chiedere al capo del Cremlino: ma ne valeva la pena? Era proprio necessario mettere a ferro e fuoco l’intera Ucraina, nazione sorella della Russia, devastarne le città, provocare tanti morti e feriti e una crisi umanitaria così grande?

Bastava concentrare interamente sul Donbass gli sforzi di guerra. Il fatto è che non sappiamo cosa passa in certi momenti nella testa di un uomo. E perché la follia di un momento abbia il sopravvento sulla ragione. A scanso di equivoci: la follia come causa di questo conflitto non sta soltanto da una parte. L’Occidente ha le sue responsabilità. Da trent’anni pretende instancabilmente di inglobare nella sua sfera d’influenza paesi la cui neutralità sarebbe un bene per tutti invece di essere fomite di rivendicazioni  geopolitiche e di nuovi conflitti. Ma alla fine, anche per un fattore emotivo, è inevitabile che l’attenzione maggiormente si concentri contro l’aggressore, che la guerra scatena, e a favore dell’aggredito che la subisce per difendersi. Questo spiega, nel mondo occidentale, la solidarietà a Zelensky e al popolo ucraino; e l’odio per Putin che ha violato il diritto internazionale invadendo e bombardando l’Ucraina.

Le cose, si capisce, non stanno interamente così. E abbiamo provato a spiegarlo nelle nostre precedenti note su questa guerra. Efferata e insensata. Purtroppo agli errori commessi dalla Nato, dagli Stati Uniti segnatamente dopo la fine dell’Urss, ora si sono aggiunti quelli commessi da Putin. Che invadendo l’Ucraina altro non ha fatto, visti i risultati, che mettere a nudo (svelandoli al mondo) i propri limiti nella guerra convenzionale. Nessuno infatti è disposto a credere a un ridimensionamento volontario dei piani di guerra del Cremlino. Con tutta la cautela con cui una notizia di questa importanza va presa, qualcosa di sostanziale deve essere successo per far cambiare strategia al nuovo zar e fargli dire all’improvviso che l’obiettivo militare era il Donbass e che quest’obiettivo è stato raggiunto. Ma l’errore maggiore commesso da Putin con questa guerra è quello di uscirne indebolito sul piano internazionale e anche sul piano interno. Non gli basterà la data scelta fortemente simbolica del 9 di maggio, il giorno del trionfo ufficiale dell’Armata Rossa sul nazismo, per illuderci e illudere se stesso di aver vinto contro l’Ucraina. Nel frattempo i bombardamenti continuano. Altri morti e devastazioni si aggiungono. Come continuano certe imprudenze verbali di Biden che non favoriscono le possibilità di dialogo.

Gaetano Cellura