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Dell’edizione 2023 dei festeggiamenti patronali, salviamo solo la parte religiosa. Il giudizio su tutto il resto è impietoso. Non ha funzionato praticamente nulla: una fiera-mercato interminabile e di livello molto basso, un piano sicurezza molto lacunoso (vie di fuga occupate ovunque), degrado durante e dopo l’istallazione mercatale. Sette giorni di confusione, approssimazione, anarchia. Con l’aggravante di quanto lasciato il day-after quando i corsi si sono trasformati in discariche e letamaio. E le vie interne? Sacchetti pieni di feci e urina ovunque. Ma è normale tutto questo? Ma chi controlla? Ma il Comune dov’è?

Quando si affittano gli spazi per gli stands, si fa firmare ai mercatisti un documento con il quale li si impegna a lasciare pulito il posto loro destinato. I nostri amministratori sono stati questa mattina in corso Roma e corso Umberto? Hanno visto cosa hanno lasciato sette assurdi giorni di mercato? Verranno multati i commercianti irrispettosi della città dove hanno guadagnato per giorni? Gli amministratori sono contenti di come è stata questa edizione dei festeggiamenti patronali? Alla città questa fiera non piace più, basta leggere i social per capire che sette giorni di mercato hanno stancato tutti. Questo mercato del giovedì va rivisto, contenuto e riorganizzato sul piano merceologico ed in ogni caso, nel rispetto della tradizione, va concluso entro il 4 maggio. La città non può essere ostaggio per tutto questo tempo. Al nuovo Sindaco, questa sfida. Quella di regolamentare la fiera, ridurne sensibilmente la durata e renderla più ordinata e appetibile.

Poi ci sono altre questioni che una volta di più hanno evidenziato approssimazione e improvvisazione. La gestione dell’Albero della Cuccagna, l’assenza di fuochi d’artificio e di muli parati con una diversa programmazione avrebbero potuto avere un riscontro differente. Ma del resto se ad organizzare Sant’Angelo (e i suoi eventi collaterali) ci pensi 10 giorni prima, i risultati non possono che essere questi. Il voto è inevitabilmente basso, ma ormai ad essere bocciati ad ogni appello ci abbiamo fatto l’abitudine.

Giuseppe Cellura