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“Ci sono doveri cui, come cittadini, è impossibile sottrarsi”. Questo pensava: e per questi doveri, il 14 giugno del 1956, accetta la carica di sindaco di Licata che riteneva superiore alle sue “modeste forze”. Angelo Santamaria viene eletto con ventinove voti su quaranta e guida una giunta di sinistra in cui ripone grande fiducia e da cui si aspetta massima collaborazione. Ne fanno parte (citandone alcuni) Nestore Alotto, Luigi Vitali e Giuseppe Sica.

Sono anni difficili per Licata, dilaniata dagli omicidi di mafia. Anche per questo, nel discorso d’investitura, Santamaria chiede pure la collaborazione dell’intero consiglio comunale. E l’avvocato Giovanni Bruscia, che guida l’opposizione, gliela dichiara “leale”.

All’inizio del 1955 era stato ucciso il vicesindaco democristiano Giovanni Guzzo, delitto rimasto impunito. E l’anno successivo, pochi mesi prima dell’elezione del neo sindaco, il capo mafia Angelo Lauria. Quello stesso anno, involontariamente ferito al ginocchio da un colpo di pistola destinato ad altri, muore dissanguato in corso Umberto il giovane Restivo. Era uscito per portare a passeggio il cane e ancora non si capisce perché sia morto dissanguato con l’ospedale allora così vicino.

Il termometro dei tempi è dato anche dall’uscita del saggio del colonnello Renato Candida, comandante del nucleo provinciale dei carabinieri. È l’ufficiale cui Sciascia s’ispira per il suo capitano Bellodi. Il libro di Candida, ora ristampato dall’editore Sciascia di Caltanissetta, s’intitola Questa mafia ed è una radiografia del fenomeno mafioso nelle città della nostra provincia. Licata compresa.

Gli interessi economici della città si concentrano prevalentemente sul commercio dei primaticci, sulla pesca, sul traffico dello zolfo, sulla miniera di Passarello. E molti sono i lavoratori a giornata (nella pesca e nella jara) del quartiere Marina da cui – figlio di pescatore – il nuovo sindaco proviene. Molti sono pure quelli che emigrano per la Germania e il Belgio.

Angelo Santamaria era professore di Lettere nel nostro Liceo. Nel 1947, a ventisette anni, aveva vinto un concorso a cattedra nei ginnasi superiori. A Licata insegna dal dopoguerra al 1961; poi al liceo Garibaldi di Palermo e infine al Vittorio Emanuele di Napoli, dove (nel 1984) chiude la carriera.

Eletto in consiglio comunale nel Blocco del Popolo e poi con la lista Faro, rimane in carica come sindaco meno di un anno, ma viene rieletto per pochi giorni nel marzo del 1958. E sono i giorni in cui in via Marconi viene ucciso dalla mafia il sindacalista Vincenzo Di Salvo.

Durante la vita il professore Santamaria si è molto impegnato a favore dei non vedenti della provincia di Agrigento. Per “alleviarne le sofferenze” ha scritto su La Vedetta molti anni fa Giuseppe Profumo. Che lo ricorda come “educatore democratico e uomo politico sempre fedele ai principi della libertà”.

Gaetano Cellura