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Bugie e ipocrisie da una parte e dall’altra. Putin è un demagogo. Ma gli Usa hanno un atteggiamento sbagliato nel non riconoscere le ben note in geopolitica “sfere d’influenza”. Disattenderne i principi, oltre a rappresentare una pericolosa forzatura, vuol dire sottovalutare le conseguenze cui si va incontro non solo sulla guerra in Ucraina ma sul suo potenziale catastrofico allargamento.

Su questo e altri capisaldi che avrebbero potuto impedire lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina e che potrebbero, ora e nonostante tutto, ancora fermarla, il vecchio socialista dem Bernie Sanders ha pronunciato al Congresso lo scorso 10 febbraio un magistrale discorso premonitore. Sanders sarebbe stato l’avversario di Trump nella corsa alla Casa Bianca se non avesse perso le primarie vinte da Biden. Altro che ascoltare ieri Zelensky alla Camera. Il suo discorso unidirezionale benché di forte, fortissimo impatto emotivo. Ed emozione in effetti ha suscitato soprattutto il paragone immaginifico tra Mariupol, città portuale spietatamente bombardata, senz’acqua e senza luce, e la nostra Genova se si trovasse nelle stesse condizioni. Il senatore del Vermont ha passato in rassegna duecento anni di storia americana. Dai fatti e dai documenti dell’ultimo ventennio di ridefinizione unilaterale degli equilibri nell’est europeo, a ritroso, fino alla crisi missilistica di Cuba e ancora oltre alle “dottrine” sull’egemonia degli Stati Uniti sul continente americano e poi sullo scacchiere internazionale, da quei fatti alle sacrosante sfere d’influenze e all’importanza della neutralità di Austria, Finlandia e Svezia. Neutralità che non ha certo precluso o limitato lo sviluppo economico e democratico di questi paesi. Nella sfera d’influenza russa rientra l’Ucraina, la cui neutralità (sul modello degli stati suddetti) sarebbe fattore d’indipendenza, sovranità e di pace.

In altri termini, ha sostenuto Sanders al Congresso, gli Stati Uniti non possono applicare ad altre superpotenze ciò che, per “dottrina” (la Dottrina Monroe nel caso specifico) e per rispetto al mantenimento delle sfere d’influenza internazionali, non vorrebbero vedere applicato a se stessi. E si tratta di realismo politico. O meglio, di sicurezza politica. E cioè di quanto è necessario per fermare davvero la guerra.

Siano chiare a questo punto due ultime cose. La prima: ogni nazione ha il diritto di scegliere da che parte stare in politica estera. Ma se è una nazione collocata in particolari zone d’influenza geopolitica, la sua scelta deve essere quanto mai saggia e deve scongiurare pericolosi squilibri. La seconda è avere la consapevolezza, stando a quel che abbiamo appena detto, che non è solo Putin (spietato invasore) il problema, le sue storicamente legittime o illegittime aspirazioni verso l’Ucraina da lui ritenuta territorio russo. Perché qualunque altro oligarca al posto suo, qualunque altra elite al potere avrebbe agito o reagito allo stesso modo per non mettere a rischio la sicurezza del proprio paese.

Gaetano Cellura