Interessante il convegno appena svoltosi ad Agrigento con il ministro guardasigilli Orlando: ma non aspettiamoci quelle riforme liberali che potrebbero equilibrare il sistema giudiziario. La responsabilità civile dei magistrati è una di queste. E l’ottanta per cento degli italiani si è pronunciato a suo favore nel referendum degli anni Ottanta, promosso (e stravinto) dai radicali, dai liberali e dai socialisti.
Ma non è la sola riforma da fare, il solo tabù da abbattere. Ce ne sono altre due, altrettanto necessarie, e di cui da qualche tempo si parla poco. E cioè la separazione delle carriere dei magistrati e la riforma del CSM, diviso in troppe correnti per risultare credibile agli occhi del cittadino attento all’amministrazione della giustizia o finito nella sua rete.
Per cui non illudiamoci. Una riforma magari la faranno: non certo quella, complessiva e radicale, di cui il paese ha bisogno. Qualche intervento sui termini della prescrizione, sulla grave situazione carceraria, sul processo civile e le cause di lavoro, dai tempi lunghissimi per il riconoscimento di un diritto o di un risarcimento. E si tratta di aspetti che tuttavia denotano i nostri ritardi in Europa e che sconsigliano investimenti esteri in Italia. Ma gli interventi urgenti, necessari al paese (e liberali) chissà quando. Troppo forte la magistratura per essere sfidata su terreni come la separazione delle carriere, la responsabilità civile e la riforma del CSM. E troppo debole, o ancora troppo poco liberale, la politica per poterlo fare.
Eppure: vi sembra giusto che un magistrato sia oggi pubblico ministero, domani giudice, e dopodomani di nuovo pubblico ministero? E vi sembra giusto, considerata la delicatezza del suo ruolo, che svesta la toga per fare politica e poi, concluso il mandato, possa indossarla di nuovo? Quale sarebbe la garanzia per il politico da lui inquisito che l’ha avuto, ha avuto quel magistrato “sceso in campo”, per usare un’espressione di moda, come avversario in parlamento o in un consiglio regionale?
Senza nulla togliere agli altri pur seri problemi, crediamo siano questi i veri nodi da sciogliere per avere una giustizia ancora più credibile, imparziale e liberale. Le riforme non possono e non devono essere viste come tentativi di limitare l’azione e il potere della magistratura quando ci sono di mezzo inchieste importanti. Ma come un dovere, se fatte seriamente, per cambiare il paese e la giustizia che ne è il pilastro.
Gaetano Cellura