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dracmaL’Attica era una regione arida e sterile. Frantumata in piccoli poderi. E Atene, la sua città più importante e a quei tempi in pieno boom, non aveva attorno che pietre e terre negate per l’agricoltura e la pastorizia. Fu anche per questo che la Capitale del mondo antico rinunciò a costruire strade efficienti. Aveva poco da ricavare dagli scambi e dal commercio con le città povere dell’interno. Spostarsi da una città all’altra era estremamente disagevole. Esclusa la strada sacra per Eleusi, appena lastricata, in tutte le altre si rimaneva impantanati quando pioveva.

La fortuna commerciale di Atene la fecero il suo porto, il Pireo, che dominava il Mediterraneo; le sue botteghe industriali; la capacità dei suoi geologi di estrarre dal sottosuolo zinco, ferro, argento, stagno e marmo. La fece la stabilità economica della sua moneta d’argento.

Tutti facevano affari con la vecchia dracma perché in ogni paese del mondo il suo valore restava inalterato. Una moneta florida e non la povera, inservibile dracma cui la Grecia, fuori dall’Unione europea, tornerebbe oggi.

Per gli ateniesi di allora la moneta forte rappresentò innegabili vantaggi, ma anche qualche problema. Quello di costruire un sistema bancario cui erano contrari, ma ora necessario al ciclo produttivo. Trovarono la soluzione trasformando le chiese in banche e nominandone gli dèi presidenti. Gli agenti di scambio si chiamavano “trapeziti”, dalla forma del tavolo cui lavoravano. E i più famosi e potenti furono Archestrato, Antistene e poi Pasione e Formione.

La società ateniese era divisa in cittadini liberi ma poco inclini al lavoro, che consideravano roba per schiavi; e in metechi, liberti e schiavi. Questi ultimi erano i veri diseredati, carne da guerra o da miniera, ma nel complesso trattati meglio che a Roma. I metechi erano cittadini liberi, nativi di Atene, ma cui venivano negati i diritti politici; e i liberti degli schiavi emancipati.

Nell’economia “capitalista” di Atene non c’erano grandi dislivelli tra i cittadini delle classi alti e medie. Temistocle, uno dei più ricchi con Callia e Nicia, portò i propri capitali a Corinto dove un certo Filostefano gli garantiva una rendita superiore. (Fuga di capitali all’estero?)

Ma parliamo di patrimoni tutt’altro che miliardari. Questo non vuol dire, tuttavia, che non c’erano classi sociali (di bassi salari) lasciate indietro dalla “libera concorrenza” e per le quali la dracma aveva un basso potere d’acquisto. Erano i contadini immiseriti dalle terre aride, gli artigiani e il piccolo impiego.

Atene non esportava più i propri manufatti per importare derrate alimentari. Si era affermata nel commercio mercantile e nel sistema creditizio. La sua dracma risultava buona per tutte le transazioni, ma la questione sociale pure esisteva entro i suoi confini. Non solo nel resto dell’Attica.

Gaetano Cellura

(articolo pubblicato su Ebdomadario, blog di Prova d’Autore)