La solidarietà “costruita” nei confronti del singolo, dei gruppi, delle categorie, non mi è mai piaciuta. La solidarietà, secondo il mio modo di essere, è quella che si dimostra nel chiuso di una stanza, da uomo a uomo, e con i conseguenziali fatti. Non a caso apro questo mio comunicato sull’agricoltura con queste parole, perché oltre la condanna ferma degli atti di violenza di ogni genere e oltre la vicinanza che esprimo verso il Primo Cittadino per l’accaduto, tutti siamo consapevoli che oggi più che mai è necessario andare avanti e continuare a lavorare, piuttosto che perdersi, oltre il primo ed immediato momento, ancora in parole che invece di smorzare i toni potrebbero gettare benzina sul fuoco della polemica. Come è mia consuetudine parlerò agli agricoltori con la massima schiettezza e soprattutto con i fatti, senza inutili proclami. L’apertura al mercato tunisino e l’importazione dell’olio da questo Paese costituisce l’ennesima stangata al comparto in questione. Un intero settore in ginocchio per la siccità e per le quotidiane difficoltà che i nostri agricoltori devono affrontare a causa dell’aggressione che i prodotti autoctoni subiscono dai mercati esteri. Paradossalmente “l’altro” appare sempre più bisognoso di tutela di noi: prima il pomodorino svenduto a 20 centesimi a causa del prezzo stracciato del prodotto marocchino col quale siamo costretti a competere. Ora l’olio tunisino. Una lotta impari che conduce i nostri mercati verso il collasso anche a causa della svendita di prodotti come gli agrumi o i carciofi che arrivano dall’Egitto trattati con sostanze chimiche che consentono agli stessi di affrontare il lungo viaggio. Quanto potremo resistere ancora? In un momento in cui la crisi del comparto agricolo del Mezzogiorno d’Italia si acuisce, la siccità morde e mette a nudo ancora di più la fragilità del comparto, apprendiamo inoltre che l’Europarlamento vota il via libera per l’ingresso delle ulteriori 70 mila tonnellate di olio tunisino per il 2016/2017, a condizioni agevolate, cioè senza dazi. Ma la questione diventa ancora più preoccupante se ci si chiede con quale certezza si rintraccia la provenienza dei prodotti agricoli che acquistiamo e quando apprendiamo che vengono altrove trattati con sostanze nocive per la salute nostra e dei nostri figli. Gli ingressi di prodotti esteri sono continui e costanti. Chi controlla con quali sostanze vengono trattati, quale protocollo sanitario viene applicato? I nostri agricoltori emigrano perché non riescono più a sbarcare il lunario e le Istituzioni cosa fanno? Per aiutare la Tunisia accordano un aumento temporaneo dell’import di prodotto tunisino ove si consente l’uso di pesticidi, pericolosi per l’uomo, che sono proibiti in Italia e già da parecchi anni. Se a ciò si aggiunge l’impossibilità di ridiscutere l’accordo con il Marocco del 2012, che consente a questo Paese l’esportazione in Europa di pomodorino, pomodoro da tavola ed arance a dazio agevolato, si può ben capire come l’allarme sia oggi arrivato ai massimi livelli per lavoratori e le imprese che sono già “alla frutta”. Licata paga in più lo scotto di una cronica assenza di acqua per uso irriguo di qualsiasi provenienza e della carenza infrastrutturale di viabilità e di trasformazione dei prodotti i II, III, IV gamma, oltre che della bassissima propensione ad aggregarsi, a fare gruppo e marketing efficace. Fa rabbia il constatare che quando si trattano latte, formaggi, salumi ecc. che sono prodotti tipicamente padani, si mettano in campo tutte le attenzioni, le cautele, le compensazioni per non turbare l’economia di quei territori e altrettanto non accada quando si trattano prodotti agroalimentari tipicamente del Sud. La tromba d’aria che ha colpito Licata lo scorso 10 ottobre ha distrutto intere coltivazioni, uno scenario apocalittico. La nostra gente, disperata, ha manifestato in piazza ma nel frattempo c’era chi si organizzava per un’incentivazione di concorrenza sleale e insalubre. La declaratoria di calamità naturale, emanata dal Ministero delle politiche agricole il 24 di Dicembre (gazzetta di Gennaio), non prevede la de-contribuzione per le aziende colpite ma un ristoro a carico del fondo di solidarietà. I nostri agricoltori hanno convocato diverse assemblee cittadine nelle ultime settimane, alle quali ho partecipato e durante la quali hanno espresso la grande difficoltà ad affrontare la quotidianità per tutti i problemi sopra esposti. Come ho comunicato durante uno di questi incontri il vociferare che i fondi di solidarietà non arriveranno non appare fondato. Arriveranno, ma con i tempi tecnici occorrenti che devono essere giusti e non dilazionati. Nel frattempo dobbiamo vigilare, evitare i colpi bassi nei confronti di Licata, i continui e persistenti agguati, nella consapevolezza che è sempre importante essere un gruppo unito che chiede con fermezza. Comprendo la difficoltà degli agricoltori ai quali viene richiesto di aspettare il ristoro loro dovuto, quando i campi non aspettano di certo, stretti nella morsa della siccità e della carenza di mezzi andati distrutti. E allora, tutti insieme, senza distinzione di colori e di ruoli, lottiamo affinché si accelerino i tempi, visto che non si coltiva burocrazia e non si vive di carte.
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