Di quale ripresa parla il governo? L’Italia è il paese della preoccupazione e dell’incertezza. Dove un giovane su tre non lavora. Al netto – ricorda oggi SusannaCamusso – dei tanti già emigrati. Dove la pensione è miraggio. Dove crescono le disuguaglianze sociali e si riducono, sempre di più, i diritti dei lavoratori. Dove non si vedono politiche di sviluppo. Dove il tanto decantato Jobs Act dà risultati modesti. Dove, da anni ormai, non si rinnovano i contratti di lavoro. Dove si ricorre al voucher, per far emergere sì il sommerso, ma in lavori rischiosi in cui sono necessarie formazione ed esperienza. Non è casuale l’aumento nel 2015 di incidenti e morti sul lavoro, secondo i dati diffusi dall’Inail.
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Di vero, in questo triste 1° maggio, c’è un paese il cui governo confida soltanto nelle virtù taumaturgiche del mercato. Un mercato attento alla finanza e per nulla all’economia. Con il risultato di creare ancora più ricchezza per i già ricchi e più povertà per i già poveri. Che non ce la fanno a tirare avanti.
Quella di togliere vincoli all’impresa, darle maggiori libertà e rendere marginale il sindacato è la sola ricetta diRenzi. Quando invece dovrebbe essere chiaro che l’Italia può ripartire solo con gli investimenti, mettendo fine alle politiche d’austerità imposte dall’Ue, ritrovando un minimo di dialogo con i rappresentanti dei lavoratori e correggendo le politiche del passato. Non ultime quelle che hanno reso il Mezzogiorno un corpo distinto dal paese.
Se vogliamo che il 1° maggio abbia ancora un senso e che la festa del lavoro conservi la sua storia sociale, di libertà e di conquiste, è opportuno riflettere (da parte del governo italiano in primo luogo) su alcuni dati. Che nessun paese riparte senza investimenti e politica industriale, che peggiorare le condizioni dei lavoratori (riducendone i diritti come avviene) non serve a nulla, che i giovani italiani devono rimanere o tornare a lavorare nel proprio paese. E che il problema delle pensioni si risolve dal presupposto che i lavori non sono tuttiuguali. È un’ingiustizia dunque la stessa età d’uscita per tutti.
I soldi si trovano per mandare la gente in pensione prima delle imposizioni della legge Fornero e per permettere ai giovani di non dover lavorare con un voucher: basta volerlo. Basta avere il coraggio innanzitutto di tassare i grandi patrimoni e le rendite finanziare. E di non piegare sempre la testa all’Europa della grande finanza.
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