Se i gatti hanno sette vite, il Licata calcio è il più graffiante dei felini mai esistiti. Le crisi economiche, le ristrettezze e il parlare al bar con l’amico di turno dicendo: “ah che crisi, ti è arrivata la bolletta? L’assicurazione è aumentata, l’Imu mi fa impazzire”. Questi discorsi fanno parte dei “pensieri”, poi c’è il Licata calcio: l’unica sostanza magica che in città li elimina questi pensieri. Il Licata non muore mai. Mentre scrivo questo editoriale, in questo nove luglio assolato con le dita spiaccicate dal caldo sulla tastiera, apro la finestra e rispondo ad un passante che mi dice. “Signor Montana a Licata a scrissuru? Si rispondo io sorridendo e lui replica: “a menumali, sulu u pallunu avemmu”. Le frasi di questo signore sulla cinquantina, affannato dal caldo e dalla stanchezza dopo una mattinata di lavoro come manovale, rendono l’idea. Immortalano la realtà. Licata vive di calcio, anche quando i soldi non ci sono. Non si vive di solo pane, ma di solo calcio sì. I soldi non danno la felicità, non sono tutto, il calcio sì, il calcio è tutto a Licata. Lo stadio Liotta è l’unico spazio urbano in cui si ritrovano duemila persone alla domenica pomeriggio. E poi si può non iscrivere la squadra proprio nell’anno in cui è pronto il derby con i parenti serpenti dell’Akragas? Assolutamente no, sarebbe stato un peccato mortale. Chissà se la Sud canterà ancora “licatese senza provincia”, Crocetta potrebbe anche aver tolto un coro tanto amato agli ultras. Proprio quegli ultras che erano pronti a scendere in piazza per amore del pallone, puoi togliere tutto ai licatesi ma il calcio non devi toccarlo. Roberto Benigni “rischiò la vita per aver rubato una banana a Palermo”, a Licata ti sparano (sia chiaro sportivamente e socialmente) se osi solo minimamente scalfire, toccare il Licata calcio. E poco importa se la crisi imperversa, se i soldi scarseggiano. La squadra si deve fare e basta. Ha capito tutto anche il sindaco Balsamo. Il neo primo cittadino (a proposito ancora auguri e buon lavoro) ha capito immediatamente che non poteva essere tolto il calcio, sarebbe stata una macchia
Vincenzo Montana