di Gaetano Cellura – Esiste una comparazione tra le atrocità subite dagli ebrei nei campi di sterminio e quelle di oggi, inflitte da Israele ai civili di Gaza. Cecchino era il maestro della poesia Fuga di morte di Celan, il maestro che con mira perfetta sparava agli ebrei sull’orlo della fossa che a loro stessi ha imposto di scavare. Cecchini quelli che sparano sugli affamati di Gaza, scheletri in fila per il pane. Contro i palestinesi, non contro i nazisti, viene messo in scena, crudelmente e crudamente, il contrappasso della storia in questa martoriata terra.
Non solo: immagini simili potremmo trovarle presto nella tendopoli, già progettata, che dovrebbe accogliere seicentomila cittadini di Gaza. Un vero ghetto del nostro tempo chiamato orwellianamente “città umanitaria”. Perché il destino di Gaza è segnato: verrà rasa al suolo, cancellata dalla storia. Anche se è cambiato il bersaglio, siamo tuttora figli di Eichmann e della banalità del male. E più aumentano mostruosità e orrore, più diventiamo indifferenti. E sino al punto di chiamare “città umanitaria”, odioso eufemismo, quello che sin da ora si profila come un immane ghetto.
Macron oggi propone il riconoscimento dello stato palestinese. Ma ha senso in questo momento, con una Anp così debole? Se vogliamo rendere meno cocente il nostro rimorso, marcare le distanze da Netanyahu e da Trump – ed è già tardi -, ribellarci al contrappasso della storia, mostriamo prima una nuova coscienza, di occidentali e di europei, trovando il coraggio di dire no alla barbarie.







