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di Gaetano Cellura

“Non fare prigionieri”. L’ordine del generale Patton viene eseguito alla lettera dai soldati americani che non riescono ad avere ragione dei reparti italiani e tedeschi impegnati nella difesa strenua della zona di Gela e del piccolo aeroporto di San Pietro, nei pressi di Caltagirone. A fianco degli italiani combatte l’atleta Ludwig Long, caporale dell’antiarea tedesca. Dopo un lavoro minuzioso durato cinque anni, in cui ha messo assieme testimonianze, documenti inediti, i nomi e persino le foto dei giovani trucidati a sangue freddo, il senatore del Pdl Andrea Augello, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha pubblicato Uccidete gli italiani (Mursia editore). Un libro che smentisce molti dei cliché sullo sbarco alleato in Sicilia e sull’agiografia che lo circonda. I fatti del piccolo aeroporto si potrebbero paragonare, per crudeltà, a quelli (quasi un secolo prima) di Bronte, macchia storica incancellabile dell’impresa garibaldina. Con Nino Bixio che ordina l’uccisione sommaria dei capi (veri o presunti) di una rivolta scoppiata per rivendicazioni sociali. Di Ludwig Long, già inviso al Führer, si sconosceva la fine. Aveva gareggiato alle Olimpiadi di Berlino del 1936 ed era stato a un passo dalla medaglia d’oro nel salto in lungo. Il suo avversario, Jesse Owens, aveva fallito i primi due tentativi e stava per effettuare l’ultimo. Un nuovo errore e la vittoria sarebbe stata di Ludwig, giovane biondo e ariano. Ma è a questo punto che si verifica l’episodio che manda su tutte le furie Hitler, presente alla manifestazione. Ludwig si avvicina all’avversario nero e gli suggerisce, per vincere, di anticipare lo stacco. A risultato ottenuto, è il primo a complimentarsi con lui e ad abbracciarlo. Pagherà a caro prezzo il suo spirito “decubertiano”. “Allo scoppio della guerra fu mandato al fronte senza riguardi” scrive Gianluca De Feo, che sull’Espresso di qualche mese fa aveva annunciato l’uscita del libro del senatore Augello. Ludwig era tra i sessantotto italiani e i quattro tedeschi che dopo la resa, a raffiche di mitra, furono “massacrati senza pietà il 14 luglio del 1943”. Due è meglio di uno, scriveva Steinbeck. “Guai a chi è solo e cade, perché non c’è nessuno che l’aiuta”. E infatti Ludwig, ferito in battaglia, a un certo punto viene abbandonato ancora vivo dal commilitone che se l’era caricato sulle spalle. Probabilmente morì sulla strada per le ferite o perché qualcuno gli sparò per finirlo. È sepolto con le altre vittime dell’eccidio di San Pietro. Vittime ancora senz’onore e senza nomi.