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3 storici dipendenti comunali, come riportato dal nostro portale in esclusiva mercoledì, stanno per lasciare Licata. Sull’argomento prende posizione l’ex Sindaco Angelo Biondi.

L’impressione è proprio quella di chi, avendo la consapevolezza di essere arrivato a fine corsa, alle macerie prodotte vuole aggiungere l’ennesimo colpo di grazia. Non c’è altra motivazione per spiegare la volontà di concedere il nulla osta, per consentire il trasferimento in altri enti, a tre dei nostri più validi, fra i pochi rimasti, funzionari comunali. Ma cosa spinge, mi chiedo, storici impiegati di indiscussa esperienza e professionalità, licatesi doc, con famiglia ed abitazione a Licata, a chiedere di andare via per mettersi al servizio di altri enti pubblici a chilometri di distanza dalla propria città. Pur di andarsene, dunque, sono disposti ad accettare i disaggi e i rischi di chi quotidianamente va lavorare fuori sede (un aspetto sociologico che andrebbe approfondito per ottenere qualche utile risposta da mettere a frutto per il prossimo futuro). Una cosa è certa, però: l’empatia o “feeling”, come direbbe qualcuno, fra l’amministrazione Galanti e il personale in forza al nostro ente comune, non è mai sbocciata. Anzi, possiamo tranquillamente dire che in materia, i nostri governanti non ci hanno capito nulla fin dall’inizio. Sono partiti con la cervellotica idea di abolire la dirigenza (un comune delle dimensioni di Licata non può privarsi delle figure dirigenziali, cosa che dissi a suo tempo in una pubblica riunione alla presenza del sindaco e di tutti i consiglieri comunali dell’allora ampia maggioranza). Una scelta che ha creato subito disaggi, malumori ed egoistiche aspettative, seguita da una clamorosa marcia indietro nel tentativo di mettere una pezza al disastro, ma che ha generato, al contrario, solo ulteriore disastro non riuscendo a mettere in piedi neanche un pur minimo gruppo di figure apicali e consentendo, anzi, che l’unico dirigente in servizio (figura di elevatissimo spessore per professionalità ed esperienza) andasse ad arricchire i vertici della burocrazia statale. Per non parlare dell’altra idea malsana di puntare su un segretario generale a mezzo servizio, preso in prestito per soli due giorni alla settimana da un altro comune. E che dire, poi, dell’ultimo colpo di genio del nostro sindaco: accusare in pubblica seduta (Consiglio Comunale del 2 giugno u.s.) di negligenza e sabotaggio i suoi funzionari ed impiegati comunali, per avvallare e giustificare le irrevocabili dimissioni della segretaria generale che non vedeva l’ora di tornare a tempo pieno al comune di Ravanusa. Scegliere Galanti sindaco (dalla storia personale e professionale inattaccabile, ma, alla luce dei fatti, politicamente ed amministrativamente totalmente inadeguato per guidare una città difficile e complicata come la nostra) è stato un gravissimo errore. Un errore (anche questo va detto) commesso dalla stragrande maggioranza degli elettori licatesi che abbagliati dal progetto della “Re/agione in Comune”, hanno creduto che potesse essere l’occasione buona per il rilancio della città. Uno sbaglio aggravato dal fatto che una cospicua e rappresentativa parte di consiglieri comunali (quelli che potremmo definire, senza ombra di smentita, gli ex pretoriani di Carmelo Pullara, nonché ex amici e fedelissimi seguaci politici, fra cui spicca la figura del presidente del consiglio), hanno deciso, per ragioni che non riesco a comprendere se non per dispetto al loro ex mentore di sostenere, oltre ogni ragionevole dubbio, per l’intero mandato un’inconcludente e dannosa amministrazione Galanti. Detto questo e ritornando alla nefasta notizia della possibile fuga di altri valenti funzionari dal nostro comune, aggiungo, che pur dispiaciuto della cosa, c’è un saggio detto che dice: “Tutti siamo utili, ma nessuno è indispensabile”. E’ inutile, dunque, fasciarsi la testa o lanciarsi in commenti catastrofici sul futuro della città. Si sta accelerando ciò che l’amministrazione che verrà dovrà immancabilmente iniziare già a programmare: riqualificare, aggiornare, riorganizzare e razionalizzare uffici e servizi, eliminando quelli che non servono più o che possono essere assolti in automatico in maniera digitale, e concentrando le risorse umane rimaste, adeguatamente formate, nei servizi strategici per la crescita sociale-economica e culturale della città.

Angelo Biondi