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Licata, se la responsabilità è un optional

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Superati i cento contagi, numero che allarma tutti ma non scoraggia nessuno. Siamo il terzo comune della provincia, dopo il capoluogo e Ravanusa, di questa triste classifica. Cosa succede a Licata?

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Succede probabilmente la stessa cosa che sta succedendo ad Agrigento, a Ravanusa e ovunque non vengono rispettate ordinanze e regole. L’anno scorso, durante il primo lockdown, abbiamo mostrato maggiore senso di responsabilità: e a fronte di un livello di contagio quasi inesistente. Era l’effetto paura, scaturito dalla novità dell’evento e dalle immagini terribili che arrivavano dalle zone del nord più colpite dall’epidemia, a renderci più prudenti e a seguire le indicazioni che ci venivano date. Anche a costo di immani sacrifici e dei danni subiti dalle attività economiche costrette a chiudere. E molte purtroppo a non riaprire più. Sappiamo come è andata poi: l’anarchia estiva, un senso di liberazione dal pericolo del contagio privo in realtà di qualsiasi fondamento scientifico e il disagio, l’insofferenza, la ribellione anche, con cui sono state accolte le restrizioni per la seconda ondata autunnale e invernale, l’Italia uno dei paesi più colpiti per numero di morti causati dalla pandemia.

Centoquattro contagi registrati a Licata ci rivelano un’amara verità. Molti di noi ignorano purtroppo cosa sia l’etica minima, con le sue regole e i suoi precetti. Spiegata banalmente, l’etica minima è l’assunzione di responsabilità da parte di ognuno dei propri comportamenti. Quanto si vede in giro – assembramenti ovunque, mascherine optional, persone che passeggiano – è la prova che di questa etica eravamo forse sprovvisti anche l’anno scorso. E che era, come detto, la psicosi collettiva a renderci cittadini responsabili. Certi principi ognuno li porta dentro di sé. E non ha bisogno di conoscerne la dottrina morale. Né ha bisogno di un governo che dall’alto glieli impone, con vari Dpcm.

C’è poi, da non trascurare, l’assenza nei giorni scorsi di controlli rigidi. Cominciati solo ieri. Se una zona è rossa – e la Sicilia lo è – occorre che qualcuno vigili sul rispetto delle ordinanze. Che qualcuno ricordi a chi non vuol saperne che la pandemia c’è ancora. E che non è affatto in una fase di contenimento se il presidente della regione Musumeci ritiene possibile, dopo la zona rossa, un ricorso al lockdown. I dati ci dicono che solo un siciliano su dieci resta a casa.

(g.c.)

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