Due elezioni bussano alle porte. E nonostante la politica a Licata è assente, non risponde all’appello. In questi giorni ha avuto buone ragioni per uscire dal letargo, manifestarsi a una città che ha perduto anche l’ultima sua speranza di rinascita, di ritorno alla vita civile, al confronto democratico o alla contrapposizione. L’ennesima emergenza rifiuti è stata come ignorata dai partiti o dai movimenti ad essi collegati che si spacciano per future liste civiche. La vertenza tra i lavoratori della Dedalo e la giunta comunale, che ieri ha avuto momenti di scontro acceso, non è stata tenuta neppure in considerazione. Avete visto da parte dei candidati sindaco (e sono una pletora) un solo documento, una dichiarazione di solidarietà, un intervento pubblico che sia uno a favore dei sessanta lavoratori a difesa del posto? Avete visto ieri la presenza di qualcuno di loro, a parte Vincenzo Antona, nell’androne del municipio condividere le ragioni della lotta per il lavoro e stigmatizzare il comportamento della giunta comunale, la sua decisione di affidare a un’altra società, la SAP di Agrigento, la raccolta dei rifiuti? Li avete sentiti, prima, dire qualcosa sull’emergenza rifiuti? E allora il vero problema di questa nostra città non è soltanto la giunta Graci, le sue criticabili decisioni, i suoi continui errori, i passi indietro dopo aver imboccato strade impercorribili. È il silenzio di chi aspira a prenderne il posto. Un silenzio che dice tutto. Espressione del vuoto di democrazia e di politica che la città ha vissuto per cinque anni e che ancora vive, a pochi mesi dalle elezioni. Politiche e comunali. Questo silenzio è ormai la cifra politica e civile di Licata. Molti – uomini e partiti, uomini dei partiti – credono che bastino gli ultimi quaranta giorni di campagna elettorale per vincere: mettere candidati in lista: costruire una propria credibilità politica: presentare un’offerta in cerca di consenso elettorale, di fiducia personale. E magari è così. Perché così è stato altre volte. Ma la città è a un punto tale di crisi sociale, e anche di scontento, disaffezione e sfiducia, da respingere questa convinzione o illusione ancora dominante in chi fa politica. E forse il suo nuovo sindaco, la nuova classe dirigente, vorrebbe sceglierli tra quelli più impegnati nel territorio, più presenti nei momenti in cui sono in gioco gli interessi veri dell’occupazione e dell’economia. Scelta impossibile se nessuno in questi momenti è presente.
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