Pubblicità

121122_DelacroixOccuparsi di Licata senza tener conto dello stallo politico nazionale e delle sue ricadute inevitabili sui comuni sarebbe esercizio inutile. Lo stallo colpisce principalmente le imprese e il lavoro. Colpisce le famiglie cui arrivano solo tasse da pagare  – una dietro l’altra, una più esosa dell’altra. Colpisce la carne vive della gente: la società malata: debole: povera e indebitata del nostro tempo. Colpisce i giovani senza lavoro e senza speranza di averlo e quanti, nel settore del privato soprattutto (imprese, fabbriche, attività commerciali costrette a chiudere) l’hanno perduto. Gran parte di questi ultimi attendono ancora dal governo la cassa integrazione o il suo rinnovo per non affogare del tutto nel mare magnum della crisi. Il trono è vuoto a Roma, da più di quattro mesi. E a poco vale aver riproposto, da parte del Presidente della Repubblica, come disperato tentativo di occuparlo, il governo Monti, di fatto sempre rimasto in carica ma sonoramente bocciato dagli elettori. Il trono è vuoto da quattro anni anche a Licata. E da un paio di mesi pure a Palma di Montechiaro, città a noi vicinissima (di cui ci occupiamo in questo sito) e con gli stessi nostri problemi di crisi economica, sociale, istituzionale e di emergenza democratica. Uno sguardo in alto dunque, alle vicende drammatiche di un paese paralizzato dai veti incrociati di tre partiti diversi tra di loro, incapaci di trovare un compromesso per dar vita al governo disperatamente reclamato dal popolo in difficoltà, dalle regioni, dagli enti istituzionali periferici; e uno in basso, a città come Licata e Palma che si apprestano a votare e a recuperare non solo un minimo di credibilità istituzionale, ma pure la democrazia perduta. Sono entrambe città commissariate: la prima da quattro anni priva del consiglio comunale; la seconda senza l’uno e l’altro, il sindaco cioè e l’organo assembleare che dovrebbe controllarlo. A una città si può togliere tutto, la si può vessare e mortificare con scelte politiche sbagliate, con l’imposizione di tasse elevate, come avvenuto a Licata, con la nomina di assessori cui a fine mandato dovremmo chiedere conto degli stipendi percepiti a fronte del nulla prodotto sul piano amministrativo, ma non la si può privare della democrazia, del consiglio comunale, del confronto tra poteri liberamente votati dai cittadini. Il sindaco Angelo Graci ha spesso risposto con nonchalance a questa legittima obiezione. “E che è colpa mia – ha detto più volte – se il consiglio comunale si è dimesso”? E qualche altra volta si è lasciato scappare pubblicamente ciò che forse davvero pensa: che senza il consiglio comunale si amministra meglio. L’amico Graci o sconosce le regole della democrazia, dei poteri eletti per impedire che uno prevalga sull’altro, oppure non ha riflettuto per tutto il tempo del proprio mandato sulla gravità di certe sue parole e del suo comportamento amministrativo. Lo stesso discorso vale per i suoi numerosi e commutabili collaboratori  di questi anni. Perché un sindaco, un presidente di regione, un capo di governo la prima cosa di cui prende atto (traendone le necessarie conclusioni) è che la democrazia è come una donna incinta. Nel senso che una donna o è incinta oppure no. Non esiste una democrazia a metà, come non esiste una donna mezza incinta. Discorso complesso e semplice nello stesso tempo su cui abbiamo ribattuto per tutta la durata del mandato del sindaco e della situazione anomala in cui è vissuta Licata. A Palma di Montechiaro sono stati più sensibili. Il consiglio comunale poteva restare in carica dopo le dimissioni del sindaco Bonfanti. E per qualche settimana ne ha avuta la tentazione visto che la legge lo consentiva. Poi però è prevalso il buon senso, il rispetto appunto delle regole della democrazia. A questo problema purtroppo si sono sommati nelle due città limitrofe, ma più o meno un po’ in tutte le città, i problemi legati all’emergenza economica. Che più d’ogni altro hanno esasperato gli animi fino al punto di rendere inconciliabili libertà e povertà. O meglio, di fare della povertà una ragione forte di libertà. In un mondo in cui i poveri sono sempre più poveri e i ricchi più ricchi. Parte della ripresa di Licata e di Palma è legata all’elezione delle nuove rispettive classi politiche, al ritorno della democrazia e di tutte le sue regole, alla capacità dei loro nuovi sindaci di programmare il futuro. Ma è legata soprattutto alla capacità e al senso di responsabilità della classe politica nazionale di non lasciare ancora per altro tempo vuoto il “trono” del Paese.

Gaetano Cellura

Foto: La Libertà che guida il popolo di Delacroix