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Un contributo del professore Vincenzo Scuderi sulla vertenza che sta interessando il comparto dei pescatori.

Sembra una domanda di un grande quiz a premio se non fosse amara e realisticamente penosa.
L’attività svolta dai nostri pescatori, costituisce oggi, quel poco che rimane dopo il disastro procurato nel tempo della marineria, con cieca lungimiranza.
È stato quasi distrutto ciò che era patrimonio economico, di cultura, di storia, di tradizione, d’identità della città.

Non può, nel modo più assoluto, essere ancora di più sminuita, offesa, mortificata l’attività dei pescatori, considerandola alla stessa stregua dei lavoratori stagionali, occasionali, al margine della società, da compensare miseramente “Una tantum”.
Se a Licata, citta sul mare, il pescatore da generazioni non vive di pesca, qualcuno dica di cosa, come, con quali mezzi deve sopravvivere?
La risposta è davvero tragica.
Quali altri sbocchi hanno i pescatori in questo triste periodo, di là della disastrosa pandemia?
Adesso bisogna avere il coraggio d’affrontare alla radice l’annosa questione!

La nostra città ha vissuto con orgoglio e per vocazione naturale, l’attività pesca, perché nata sul mare; s’identifica, è connaturata nella pesca e nei pescatori; noi tutti licatesi siamo idealmente pescatori, perché respiriamo quotidianamente quell’aria e quell’ambito che dovrebbe portare, se non ricchezza, quantomeno sopravvivenza civile, lavoro, onestà, dignità.
Non basta il danno provocato dalla pandemia, e adesso si aggiunge la beffa nei confronti di chi, duramente, nel modo sacrosanto, vuol guadagnarsi da vivere così come hanno fatto i nostri antenati da secoli?
Ci siamo scordati che Licata ha vissuto di pesca e grazie ai pescatori?
Si vuole, magari in buona fede, ciecamente e da sconsiderati, far scomparire del tutto quella che era la fonte di vita, la sopravvivenza economica di moltissime famiglie dei nostri concittadini?
Nel rispetto delle norme vigenti, occorre assolutamente e con urgenza, che le forze sociali, economiche e del settore della pesca, si riuniscano fattivamente in un tavolo di concertazione, non tanto per “discutere” perché di troppo e tanto se n’è già parlato, piuttosto per “tentare” di risolvere l’annosa questione del pescato che, bloccata, mortifica ancora l’intera città.

Se viene meno tale precetto che interessa, riguarda, tocca il cuore e la tradizione tutta la cittadinanza, è inutile chiamare Licata città da “amare o di mare”, citta dove l’attività principale dovrebbe essere la pesca, piuttosto bisogna avere il coraggio e la consapevolezza di definirla come quella che “fu” dedita alla pesca.
E poi… ce ne faremo, magari, una possibile ragione!

Tutti noi cittadini, in questo delicato momento, nessuno escluso, credo, dobbiamo considerarci marinai, pescatori dentro; quegli stessi marinai che non devono solamente essere identificati dalla divisa bianca indossata unicamente nelle feste folkloristiche, patronali….
Occorre dare sostegno fattivo e attivo all’intero comparto della pesca, nel primario rispetto della legalità sollecitare, nella maniera civile, collaborativa e stimolante, gli organi, gli uffici competenti a livello locale, regionale e se occorre, nazionale.
Credo sia finito il tempo dei proclami dall’alto del pulpito e delle promesse da secoli propinate solamente per il semplice, pur sgradevole, gioco delle parti.
Il tempo del “gioco”, costato e pagato caro, credo, oramai sia scaduto.

Vincenzo Scuderi