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Le parole più ricorrenti in questa terza enciclica del suo pontificato sono fraternità e solidarietà. Firmata da papa Bergoglio ad Assisi sulla tomba di San Francesco il 3 ottobre, Fratelli tutti è anche la sua risposta agli scandali che scuotono la Chiesa. Segue a Lumen Fidei (2013) e a Laudato si’ (2015). La prima era stata il completamento di un testo iniziato dal suo predecessore; la seconda è dedicata all’ecologia e all’ambiente, alla terra come “casa comune” che tutti trascuriamo. Tema – con quelli della povertà, delle disuguaglianze e delle migrazioni – cui il Papa è molto sensibile. Sino al punto da essere accusato dai suoi oppositori, sottovoce per la verità, di aver fatto diventare la Chiesa “una specie di WWF consacrato”. Lo accusano in sostanza di fare politica, esplicitamente politica. E di un’interpretazione della modernità concentrata solamente sulla critica radicale al capitalismo sfrenato degli ultimi decenni. In realtà è stando nella portineria del mondo che se ne capisce la crisi. E papa Francesco questo l’ha capito sin da quando dirigeva l’università dei gesuiti in Argentina: un giorno si fece trovare seduto allo sportello della portineria spiegando che solo da lì si poteva “veramente capire tutto”.

Se al centro della sua nuova enciclica c’è la fraternità è perché “nessuno si salva da solo”, come disse il 27 marzo scorso in quella Piazza San Pietro deserta, sotto la pioggia battente, nella grande ondata della pandemia. E anche perché siamo “tutti sulla stessa barca” e tutti apparteniamo alla stessa famiglia umana. Per il filosofo Massimo Cacciari le parole fraternità, libertà e uguaglianza sono la vera sorpresa di questa enciclica. Parole che, per la prima volta, gettano un ponte tra illuminismo e cattolicesimo. Tra il cattolicesimo e quel “pensiero laico storicamente opposto al pensiero della Chiesa”.

Fa politica il Papa? Secondo me (e secondo altri) non fa che ribadire le linee guida del suo pontificato: “una chiesa povera per i poveri”; il no ai muri e ai nazionalismi; la pandemia quale conseguenza del danno che abbiamo causato alla natura; i migranti che bisogna accogliere, proteggere, promuovere e integrare; la critica radicale alle distorsioni del mercato.

Se questo è un documento politico, occorre riconoscerne l’alta lucidità. Quale altro leader mondiale è oggi in grado di saper fare altrettanto? In grado di usare parole così elevate e disinteressate?

Durante l’Angelus di domenica Francesco non ha trascurato la piaga attuale dell’immoralità. “È brutto vedere chi ha autorità nella Chiesa cercare i propri interessi”, ha detto. “Bisogna servire, non sfruttare gli altri”. A chi, tra gli oppositori, gli rimprovera un programma di riforme confuso e per nulla concreto, risponde padre Spadaro (direttore di Civiltà cattolica), che col Papa ha parlato anni fa di questo tema e si è sentito a sua volta rispondere: “Io in realtà voglio molto di più, voglio mettere Cristo al centro della Chiesa. Poi sarà lui a operare per cambiarla”.

Del cardinale Becciu ha accettato le dimissioni ma senza scaricarlo. È stato un uomo solo in questa decisione di ripulire la Chiesa. Solo ma non isolato. Anche se sembra avere molti più amici fuori che dentro il Vaticano. Ha agito da solo ma con discernimento, non per istinto. “Bisogna servire, non sfruttare gli altri”. Parole in netto contrasto con quelle di un cardinale che riconosce l’errore di Becciu ma quasi lo giustifica: “D’altra parte, chi c’è qui dentro che non approfittava? L’ambiente della finanza vaticana è una specie di santo zoo”. E dove va la Chiesa di questo passo? Più attenta ai patrimoni che alle coscienze?

Un sintomo della sua crisi viene pure dal basso. È nel calo delle vocazioni sacerdotali e nel numero sempre più ridotto di partecipazione di fedeli alle cerimonie religiose. Un romanzo di Lucetta Scarafia (La donna cardinale) alza il velo anche sulla condizione delle suore –“agghiacciante”, per l’autrice. Suore con un dottorato in teologia ridotte a fare le colf nelle abitazioni di vescovi e cardinali, per non aggiungere altro. Ma non ci sono solo scandali finanziari e di pedofilia nella storia recente della Chiesa. C’è una sfida vera sulle riforme, una sfida culturale, che investe anche la condizione femminile al proprio interno, cui la Chiesa non sembra ancora preparata. E questa sfida comprende anche la modifica del diritto canonico e l’apertura non solo al sacerdozio femminile ma anche alla partecipazione delle donne nelle decisioni ecclesiastiche. Ma il governo del Vaticano e il compito delle riforme vere è il più difficile da affrontare. Delle tre funzioni della Chiesa fondata da Pietro (i Tria Munera), Francesco, con la sua alta capacità di saper leggere il segno dei tempi, la funzione profetica è quella che svolge meglio. Restano le altre due: la funzione del sacerdote e quella del Re. Soprattutto quest’ultima, nella quale hanno fatto più fatica e incontrato più resistenze anche i suoi predecessori.

Gaetano Cellura

I virgolettati di questa nota sono tratti dal Longform di Ezio Mauro (Repubblica del 5 ottobre) e da altri articoli dello stesso giorno sull’argomento.