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Dietro un disegno politico ambizioso, e le due riunificazioni tedesche stanno a dimostralo, c’è sempre un vantaggio economico. “Perché mai in Italia – si è chiesto Isaia Sales su Repubblica – una reale convergenza tra due aree così differenti, quali sono il nord e il sud del paese, viene percepita invece come un danno o un pericolo?”

Dal 1950 in poi e dal 1990 ad oggi l’Italia del sud e la Germania dell’est sono state i due più importanti tentativi di recupero delle aree sottosviluppate all’interno delle stesse nazioni. Con la differenza che la Germania ha investito per la sua seconda riunificazione tra il quattro e il cinque per cento del proprio Pil. Mentre gli investimenti nel Sud Italia, per tutto il periodo del cosiddetto “intervento straordinario”, non hanno mai superato la soglia dell’1 per cento. E ancora di meno dopo la chiusura della Cassa per il Mezzogiorno.

Per Isaia Sales proprio la riunificazione tedesca rappresenta almeno due insegnamenti utili per il nostro paese. Il primo è che si possono avvicinare in un ragionevole lasso di tempo territori diversamente sviluppati. Basta volerlo davvero. E il secondo dimostra che colmare i divari economici significa un affare per tutti – non spreco di soldi e sacrifici come alcuni hanno sostenuto. Tant’è vero che il periodo 1950-1980 in cui il Sud cresceva a tassi elevatissimi grazie agli investimenti della Cassa per il Mezzogiorno, la ricchezza lì investita si è trasformata in ricchezza nazionale e ha generato il “trentennio d’oro dell’Italia”. Ogni sua area geografica, anche la meno sviluppata, è diventata parte integrante dello sviluppo del paese intero. L’emigrazione di manodopera dalle regioni meridionali ha reso possibile infatti il “balzo industriale del Nord”.

Nel suo interessante articolo del 29 marzo scorso Sales riconosce in gran parte a Donato Menichella il merito del miracolo economico italiano. Fu il governatore della Banca d’Italia infatti a fondare la Svimez nel 1946 e a ideare la Cassa per il Mezzogiorno nel 1950 utilizzando i prestiti in dollari della Banca Mondiale destinati agli investimenti nelle aree depresse del mondo. Quello che stiamo attraversando è il momento per un ritorno necessario a quelle politiche. Visti anche i calcoli della Svimez. Che ci dicono come per ogni euro investito nel meridione, quaranta centesimi giovano (in beni e in servizi) all’economia dell’Italia centrale e settentrionale. Mentre per ogni euro investito al Nord, “solo sei centesimi ritornano al meridione”. Il governo Draghi ne tenga conto e non perda l’occasione di utilizzare nel giusto modo le risorse europee del Recovery. Peraltro “assegnate sulla base delle difficoltà economiche delle regioni meridionali”.

Gaetano Cellura

Sullo stesso argomento leggi pure su Licatanet (Rubrica l’Opinione): Manifesto per il sud.