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di Gaetano Cellura “C’era una volta … – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. – No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno”. Così iniziava il suo racconto, pubblicato nel 1883, il giornalista e patriota risorgimentale Carlo Lorenzini, in arte Carlo Collodi.

C’era una volta un Pinocchio, il burattino della nostra infanzia. Il racconto delle sue avventure diventerà il libro più tradotto dopo la Bibbia; e forse il miglior testo di pedagogia. E neppure un legno di lusso era, soltanto “un semplice pezzo da catasta”. Che mastro Geppetto lavorò con cura per soddisfare il proprio bisogno di paternità. Il fatto è che non appena gli fece gambe e piedi il pezzo di legno comincia a correre per il mondo e a combinarne di cotte e di crude. A disubbidire al padre e alla Fata che lo protegge, a fidarsi dei falsi amici e a cadere nelle loro trappole. Che sono poi le trappole che ognuno incontra lungo la via della conoscenza. Personaggi e trappole infatti lo aiutano a crescere, a conoscere il mondo e a diventare bambino.

Il Gatto e la Volpe sono l’allegoria del male che ci attrae. Mangiafuoco, il burattinaio la cui brutalità viene piegata dalla ragione e dalla pietà. Il Cocchiere è senza dubbio il personaggio peggiore, il più ingannevole. Conduce i ragazzi nel Paese dei Balocchi. Geppetto è il padre buono cui ci ribelliamo. Spesso pagandone le conseguenze. La Fata Turchina è sostanzialmente la parte interiore buona di Pinocchio: una presenza materna che lo esorta a seguire la retta via. E quando la Fata finge di morire, il burattino, dando prova di bontà e sincerità, le grida: “Rivivisci”. Nelle bugie cui Pinocchio ricorre possiamo cogliere il nostro modo di rapportarci con gli altri, quel non dire la verità perché dirla può essere per gli altri spiacevole. Anche le trasformazioni cui va incontro – pezzo di legno-ciuco finito nel ventre della balena, infine bambino in carne e ossa – sono tappe della sua crescita, della ricerca del suo posto nel mondo. Quando lo trova? Quando accetta di essere figlio, di rinnovare il mito di Enea: e, come l’eroe troiano, salva il padre. Lo salva dalla balena.

Diventato di carne e ossa, diventato bambino la sua vita non finisce. Perché ne inizia un’altra. Pinocchio diventa umano e si prepara ad affrontare, come i tre puntini finali del racconto indicano, l’avventura vera che ci aspetta dopo l’infanzia. Un grande romanzo della formazione e anche una favola per adulti che a dicembre compie 140 anni. Carlo Collodi lo scrisse, scrisse Le avventure di Pinocchio dopo aver tradotto I racconti delle fate di Perrault e in un momento di vena che non ritroverà più.