di Gaetano Cellura Per noi arriva la nave Ticino. Domani attraccherà a Licata e potrà dare sollievo al quartiere Marina. Ma la situazione generale è catastrofica: in Sicilia e pure nel Mezzogiorno. Danni all’economia che arrivano a quattro miliardi. Più di trentamila i posti di lavoro persi. A causa della siccità e delle tante – e ora drammatiche – inefficienze della gestione delle acque nell’Isola.
L’ingegnere Cocina, responsabile della Protezione civile e capo della cabina di regia per far fronte all’emergenza voluta da Schifani, dipinge oggi (intervista al giornale La Sicilia) un quadro che più nero non si può. Sappiamo già del Fanaco che approvvigiona i comuni dell’agrigentino e di una parte del nisseno. Ma ora anche l’Ancipa, che disseta l’ennese e l’altra parte del nisseno, è quasi prosciugata. I dissalatori esistenti (per i nuovi occorrono almeno diciotto mesi) non vengono visti come una soluzione. Quello di Porto Empedocle, fermo dal 2008, ha una capacità (irrisoria, in questo momento) di cento litri al secondo. E avrebbe costi esorbitanti. Per sopperire all’attuale e gravissima emergenza occorrono almeno 1300 litri al secondo.
Questa è la situazione. Alla siccità si sommano, colpevolmente, almeno vent’anni di inefficienze. E anche questo ci è noto. Notum lippis et tonsoribus, per dirla con il poeta Orazio. E da non addetti ai lavori l’avevamo già immaginato e previsto a gennaio scorso. Perché pioggia non se ne vede da tempo in Sicilia; e il livello degli invasi in continuo calo. Si ci poteva pensare prima, certo. Chi governa deve avere lo sguardo lungo. Ma in Sicilia la politica è sempre andata avanti a tentoni. Senz’acqua, l’isola fa parlare di sé anche il New York Times. Negli anni sessanta questo nostro triste fenomeno era meno planetario. Già tanto se ad occuparsene erano la televisione e i giornali nazionali.
E così, con soli 48 milioni a disposizione della Regione e della Protezione civile, appena sufficienti per autobotti e nuovi pozzi, si spera nell’impossibile in quest’estate dal doppio volto: quello allegro e rilassato dei bagnanti e quello preoccupato di agricoltori e allevatori. Questi ultimi costretti a mandare al macello il bestiame per non vederlo morire di sete. Anche a questo siamo arrivati nel 2024.
Bene. Anzi, male. Abituiamoci a convivere con l’emergenza. Con i lunghi turni di erogazione (i più anziani ci sono abituati: l’hanno già sperimentata questa situazione) e con i furti d’acqua nelle campagne di cui leggiamo sui giornali. E speriamo che la nave cisterna, almeno domani, arrivi davvero a Licata. Questa volta sembra sicuro.