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Discarica a cielo aperto via Mauro de MauroIl titolo è una massima dello psicologo Giovanni Soriano che la dice lunga sulla rassegnazione, specie quando a rassegnarsi e darsi per vinto è un intero popolo. Siamo in tanti ad amare Licata, sicuramente la stragrande maggioranza. Il nostro è un sentimento viscerale. Siamo legati a questa nostra bellissima terra da un cordone ombelicale, ci siamo nati e ci soffriamo, almeno quelli che l’amiamo, a vederla andare sempre più indietro, quasi abbandonata al proprio destino, senza che nessuno abbia le capacità di saperla risollevare per tirarla fuori dalla decadenza e dal baratro in cui è precipitata. Come adesso, a memoria d’uomo, Licata non si era mai ridotta. Basta fare un giro per la città, per i corsi principali, per le stradine del centro storico, per la periferia più prossima, per accorgersi di tutto lo schifo, di tutta l’inciviltà, di tutta l’illegalità, di tutto il degrado e di tutto il caos  che regna e che si consuma giorno dopo giorno su ogni metro quadro del nostro territorio, senza che nessuno prenda i provvedimenti dovuti. Chi dovrebbe vedere non vede, quasi avesse gli occhi bendati e chi dovrebbe intervenire non interviene, quasi avesse le mani legate. Nel contempo lo stato di assopimento e di rassegnazione raggiunto dal popolo licatese non lascia spazio ad alcuna possibilità di inversione di rotta, quasi stessimo tutti ad aspettare un miracolo di Dio. Diceva Gilles Archambault : “Non ci si rassegna mai, si decide di tacere, è tutto”. Honoré de Balzac invece sosteneva che “la rassegnazione è un suicidio quotidiano”. Sia nell’uno che nell’altro caso non cambia assolutamente nulla, si soccombe quantunque. Nei miei versi, dai quali spero possa uscire un grido di allarme, ho voluto sintetizzare quello che penso e quelle che immagino siano le opinioni e le convinzioni comuni a tantissimi licatesi che hanno gli occhi aperti e che constatano il degrado, il disagio e lo stato di abbandono in cui la nostra città versa.

Lorenzo Peritore

STU PAISI MI FA RABBIA !

 

di Lorenzo Peritore

Mi fa rabbia stu paisi

a cui sugnu affezionatu

di vidirlu tutti i iorna

arridduttu ni stu statu

 

U commercio sta murennu,

di travagliu c’è carenza,

aumenta tutti i iorna

malavita e delinquenza

Tutti i strati cini i fossa

ca ni fannu dispirari

e a lurdia dintra u paisi

ca va sempri ad aumintari

 

I servizi fannu schifu,

d’acqua avemmu caristia,

na discarica abusiva

è  oramai a periferia.

 

Un paisi surdu e mutu

quasi senza appartinenza

ca para cunnannatu

a scuntari a pinitenza

 

Pinitenza di na curpa

ca è di tutti licatisi

ma puru di  “signori”

c’amministrinu u paisi

A Licata sta vivennu

nu disastru ca na storia

unn’hava precedenti

ni ricordi da memoria

 

Assistennu a stu disatru

cummintu un mi cci fazzu

e mi sforzu di capiri

chi succeda nu  palazzu

Un palazzu unn’è ca ormai

un c’è ciù democrazia

di quant’hava ca u Cunsigliu

si dimisa e si sciuglia

 

Un palazzu unni si recita

na farsa surreali

quasi un fussimu o Cumuni

ma o Teatru Cumunali

E mentri nu palazzu

è chiara a sensazioni

ca sta farsa vena fatta

p’amuri di poltroni,

 

Fora di stu palazzu

co hava tanti guai

recita na tragedia

ca fini unn’hava mai

E u licatisi agliutta

senza diri mancu ciu

pirchì forsi sta aspittannu

nu miraculu di Diu

 

Ma Diu di sti miracula

mi sa ca un nni po fari,

se un cangiammu i licatisi

                                                                                                   a Licata un po cangiari!