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ISIS-GUERRA-ITALIAQuanto ci sia di vero e quanto di propagandistico nelle minacce dell’Isis all’Italia non lo sappiamo. Non sappiamo se è davvero in grado di colpirci con missili Scud o con operazioni terroristiche sul territorio, tipo quelle francesi e danesi di appena ieri contro la libertà di pensiero. Ma sappiamo che è ormai a poca distanza dalla Sicilia. Sappiamo che le intenzioni del sedicente Stato islamico nei nostri confronti (Gentiloni è stato definito “ministro dell’Italia crociata”) e nei confronti dell’Occidente sono tutt’altro che pacifiche. E quindi prepariamoci alla guerra, se necessaria. Alla guerra in Libia. Che non sarebbe una novità nella storia italiana. Ma questa volta non per occupare e colonizzare il paese nordafricano, ma per fermare l’avanzata dei terroristi. Loro sono a 450 chilometri da Tripoli. Hanno un progetto politico e militare – il cosiddetto Califfato – che punta a impossessarsi prima degli Stati politicamente alla deriva, come la Libia attuale, e poi ad avvicinarsi quanto più possibile al vero nemico: l’Europa, l’Occidente, il mondo cristiano.

Fino a ieri sapevamo che erano da poco arrivati a Sirte. Ma i primi italiani rimpatriati ci avvertono che i terroristi islamici erano invece ancora più vicini, e presenti a Tripoli da tempo. Ogni paese del mondo senza uno Stato e un governo forti (e nel caso della Libia di gigantesche macerie politiche) diventa per il terrorismo islamico terreno di facile conquista dove estendere il progetto del Califfato. Ma nei confronti della Libia le nostre responsabilità, le responsabilità dell’Europa e dell’Occidente sono enormi. Siamo noi che l’abbiamo bombardata e resa un paese fragilissimo e vulnerabile qualche anno fa. E senza avere un’idea chiara del “dopo Gheddafi”.

Questa è dunque la situazione. Non da oggi l’Isis è alle nostre porte, sull’altra sponda del Mediterraneo. Il governo italiano ne era informato e ha taciuto? Il governo italiano è consapevole dei rischi che il paese corre? Ha un’idea di come affrontare il pericolo? Da solo o insieme all’Europa e all’Onu?

Ogni divisione sulla politica interna va messa da parte. In questo momento sarebbe superflua e persino ridicola. La presenza dell’Isis in Libia diventa un banco di prova per l’Unione europea (c’è collaborazione tra i paesi membri o ognuno deve sbrigarsela da solo contro il terrorismo?) e per l’Onu stessa, di cui non si capisce se esiste ancora e se è in grado di intervenire e risolvere le situazioni più difficili.

(g.c.)