Continua a piovere su bagnato nel comparto agricolo. A fronte di una annata agraria che si preannuncia disastrosa anche il governo nazionale ci mette del suo per fare dismettere le aziende agricole che, specie nel sud, operano in mezzo a mille difficoltà. Non basta pagare il prezzo di ritardi infrastrutturali e di crisi del mercato, a questo si aggiunge, la scelta del governo di far pagare l’Imu anche a quelle aziende che prima ne erano esonerate. E questo, a quanto pare, entro il 16 dicembre 2014. Il nuovo decreto che ridisegnerebbe la mappa dei comuni per i quali è previsto il pagamento del tributo IMU applica l’esenzione sulla base dell’altitudine, diversificando tra terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola, e gli altri, in modo tale da ottenere un maggior gettito complessivo non inferiore a 350 milioni di euro già dal 2014.
Sarebbero esenti dal pagamento dell’imu i terreni nei comuni che hanno un’altitudine di almeno 600 metri. Tra i 280 e i 600 metri, sarebbero esentati i terreni posseduti da coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali. Fino a 280 metri, invece, dovrebbero pagare tutti, versando l’intera imposta per il 2014. “Ad occhio e croce più dei due terzi dell’intero territorio rischia di essere assoggettato al nuovo balzello”. Secondo i dati censiti dall’Istat sono infatti 628 mila gli ettari al di sopra dei 600 metri di altitudine, 1 milione e mezzo quelli di collina e 364 mila gli ettari di pianura.
“Il fatto assolutamente inconcepibile è che vengono ad essere tassati i terreni agricoli che sono un bene strumentale per lo svolgimento dell’attività primaria.” Per la Sicilia sono ancor più palpabili, anche alla luce dei ripetuti studi sull’abbandono delle aree rurali, la mancanza di strutture viarie, e di tutti quei servizi atti a prevenire il degrado.
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L’appello che si rivolge al Commissario e a tutti i rappresentanti politici dell’isola e all’Anci Sicilia è quello di intervenire immediatamente per bloccare questa ipotesi di calamità fiscale, che avrebbe effetti ancora più deleteri rispetto alle vere avversità atmosferiche che gli agricoltori hanno dovuto subire nel corso dell’anno. Primo perché si tratta di un provvedimento che, se messo in atto, non sarebbe coerente con la linea espressa più volte dal Consiglio dei Ministri sulla riduzione del carico fiscale sulle aziende e in particolare sul settore dell’agricoltura. E proprio questa modifica incide soprattutto sulle imprese agricole che rappresentano uno dei pochi settori del Made in Italy che tira davvero. Inoltre il provvedimento arriva a ridosso dei termini di pagamento, entro il prossimo 16 dicembre, violando lo Statuto del contribuente che prevede almeno 60 giorni per gli adempimenti dall’entrata in vigore della disposizione tributaria”.
I consiglieri – Angelo Iacona, Violetta Callea e Armando Sorce
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