Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera inviata dal sindaco Pasquale Amato al prefetto di Agrigento per denunciare la difficile situazione che Palma sta vivendo negli ultimi mesi sul fronte della legalità.
“Questa Amministrazione si è insediata a giugno, dopo che indagini e contestazioni giudiziarie avevano fermato la precedente amministrazione alla fine del gennaio scorso. Ci siamo trovati una struttura sconvolta e, nelle parti non coinvolte, fortemente scossa per il clima di tensione che si è impadronito del loro quotidiano, ma anche una città violentata, che oltre i disagi di una crisi estrema subiva l’umiliazione di essere piegata a un sistema che sembra avere collegamenti che coinvolgevano parti dell’apparato amministrativo in attività gestite dalle consorterie più sanguinarie.
Ne sentivamo il peso e la responsabilità a cui saremmo stati chiamati guidando la città e non ci siamo scoraggiati, consapevoli che davanti a noi non c’era la semplice, seppur colossale, impresa di rilanciare la comunità dal punto di vista economico e sociale, quanto di ristabilire il primato delle istituzioni e della legalità nelle sue diverse articolazioni, dal no alla mafia, al malaffare, all’abusivismo, a ristabilire il diritto nelle procedure amministrative la cui mancanza riteniamo essere la madre di molte degenerazioni e del degrado clientelare e delle protezioni.
Ci siamo messi in cammino nel lavoro quotidiano e di buona lena, sollecitando agli uffici un rinnovato atteggiamento partecipativo, che facesse crescere la fiducia nella cittadinanza, lottando le degenerazioni nelle prestazioni di servizio e soprattutto nella gestione di raccolta di rifiuti e spazzatura, ci siamo subito cimentati coi controlli degli immobili abusivi per portarne a termine le procedure così come sollecitato dalla magistratura, ci misuriamo giorno per giorno con un territorio dove le nuove leve mafiose ritengono di poter spadroneggiare dall’abusivismo nel commercio, dell’occupazione indebita di spazi pubblici, all’anarchia caotica del traffico, alle mitizzazioni degli omicidi. Ma siamo qui, giorno per giorno ad impegnarci per riguadagnare lo spazio sottratto allo stato e alla vita civile, cercando di imporre il primato delle regole e dello stato, con l’operato, con le manifestazioni e quant’altro nelle nostre disponibilità.
Ma non possiamo nasconderci di operare in un terreno minato. Il taglio delle gomme all’auto dell’ing. Concetta Di Vincenzo o il cane sgozzato posto sui luoghi del dissotterramento delle carcasse del bestiame tumulato, in prossimità del cimitero, suonano l’allarme e ci invitano a non scordarci del luogo dove siamo. Ma noi non ci fermiamo, perché seguiamo il percorso istituzionale, la strada del progresso civile, ma noi abbiamo bisogno dello Stato e di non esser soli”.